Come anticipato nella nostra guida al trattamento civilistico dei contributi all’editoria previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 250 e successive modifiche ed integrazioni, non possiamo non occuparci in maniera sintetica anche del trattamento fiscali di detti contributi.
Facciamo seguito alla nostra circolare n. 05/2015 per esporre in maniera sintetica sintesi il trattamento fiscale dei contributi prevista dalla legge 7 agosto 1990, n. 250 e successive modifiche ed integrazioni.
Ai sensi dell’articolo 53, comma 1, lettera f del D.P.R. 917/1986, i contributi sono considerati ricavi di esercizio e, pertanto, concorrono al reddito imponibile nello stesso esercizio in cui vengono imputati a bilancio.
In realtà, pero, la stessa amministrazione finanziaria ha ritenuto che gli stessi vadano assoggettati a tassazione nell’esercizio in cui sorge la certezza del diretto (in tale direzione, le C.M. del 4 giugno 1998, n. 141/E e 28 ottobre 2008, n. 60/E relative all’Irap e la Risoluzione ministeriale del 12 agosto 2003, n. 176/E) attraverso la comunicazione all’impresa del decreto di liquidazione del contributo. In altri termini, si potrebbe verificare uno sfasamento temporale tra l’esercizio di iscrizione del contributo a bilancio e quello di tassazione dello stesso. A ulteriore supporto di tale interpretazione, vi è la ritenuta di acconto del 4 per cento che, chiaramente, viene trattenuta nell’esercizio di effettivo pagamento del contributo e può essere utilizzata in compensazione dall’esercizio successivo.
Tale fattispecie deriva, ovviamente, dalla prassi diffusa di iscrivere il contributo nel bilancio pur in assenza del provvedimento formale che riconosce il diritto e quantifica le somme spettanti, in presenza, dall’altro lato, di un contributo previsto per legge che, quindi, statuisce sotto un certo profilo un diritto soggettivo, per quanto limitato alle somme effettivamente stanziate. L’ipotesi ulteriore è quella in cui l’impresa, una volta rilevato il contributo ed iscritto a bilancio alla voce A.5 del conto economico, apre un Fondo rischi destinato a garantire rispetto ad incassi inferiori a quelli stimati.
Nell’ipotesi in cui si rimandi, sulla scorta di quanto detto e, chiaramente, del confronto dei professionisti di riferimento, la tassazione all’esercizio in cui si acquisisce la certezza del diritto attraverso il decreto di ammissione al beneficio di legge, è necessario procedere alla gestione della fiscalità differita.
In particolare, per l’esercizio ‘n’ sarà necessario effettuare una variazione in diminuzione equivalente all’importo del contributo iscritto a bilancio la cui tassazione viene rimandata nel tempo. Ma, chiaramente, l’onere fiscale ricade sotto il profilo della competenza economica sullo stesso esercizio ‘n’ e, pertanto è necessario registrare, come costo, le imposte dell’esercizio che vanno accantonate attraverso l’apposito fondo imposte differite.
Nell’ipotesi in cui si sia aperto un Fondo rischi per il quale è stato accantonata una somma derivante dal rischio di mancato incasso, anche parziale, del contributo occorre procedere ad una variazione in aumento del contributo ed ad una contestuale variazione in diminuzione relativa alle somme iscritte nel Fondo. Per tale ragione, sarà necessario calcolare le imposte differite, sulla variazione in aumento, e le imposte anticipate, sul Fondo iscritto.
A titolo di esempio, nell’ipotesi di un contributo pari euro 1.000 iscritto a bilancio nell’anno ‘n’, per un importo di 1.000 e di un utile di esercizio prima delle imposte e imponibile pari a 1.000 (per semplicità, trattandosi di un esempio di scuola), il risultato fiscale sari pari a:
Imponibile 1.000
Variazione in diminuzione per contributo (1.000)
Imponibile da tassare 0
Ma in realtà, a fronte di una tassazione pari a zero, già si è a conoscenza che nell’esercizio in cui si avrà certezza del diritto sarà necessario procedere ad una variazione in aumento che comporta un’imposizione sui 1.000 che ipotizziamo, per semplicità di calcolo, pari al 30 per cento.
Occorre, quindi, sotto il profilo civilistico con riferimento al principio della competenza, rilevare l’onere fiscale dell’esercizio pari a 300.
Proponiamo, quindi, un esempio di possibile metodo di contabilizzazione:
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Imposte differite
300
a
Fondo imposte differite
300
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Nell’esercizio in cui verrà emanato il decreto di liquidazione sarà, quindi, necessario utilizzare il Fondo per registrare il debito, a questo punto corrente, nei confronti dell’Erario con la seguente scrittura (per semplicità si tiene conto solo dell’Ires)
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Fondo imposte differite
300
a
Debiti nei confronti dell’erario per Ires
300
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Nell’ipotesi in cui, invece, sia stato accantonato un Fondo rischi di 600, a fronte dei 1.000 euro di contributi e con un utile ipotizzato prima delle imposte di 400, il risultato fiscale sarà pari a:
Imponibile 400
Variazione in diminuzione per contributo (1.000)
Variazione in aumento per fondo 600
Imponibile da tassare 0
Ma anche in questo caso esiste un carico fiscale rinviato all’esercizio in cui si avrà certezza del diritto che comporta un’imposizione sui 400 che ipotizziamo, per semplicità di calcolo, pari al 30 per cento.
Proponiamo, quindi, un esempio di possibile metodo di contabilizzazione:
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Imposte differite
300
a
Fondo imposte differite
300
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Crediti per imposte anticipate
180
a
Imposte anticipate
180
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Nell’esercizio in cui verrà emanato il decreto di liquidazione sarà, quindi, necessario utilizzare il fondo per registrare il debito, a questo punto corrente, nei confronti dell’Erario con la seguente scrittura (per semplicità, si tiene conto solo dell’Ires)
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Fondo imposte differite
300
a
Crediti per imposte anticipate
180
Debiti nei confronti dell’erario per Ires
120