“Così muore un giornale”. Ha titolato così il Corriere Mercantile in edicola ieri. Prima pagina completamente bianca sfondata solo dal titolo. Il quotidiano genovese fondato nel 1824 sta per arrendersi alla grave crisi che ha colpito tutto il comparto dell’editoria in Italia. “Siamo quasi arrivati alla fine, i nostri sacrifici sembrano destinati a fallire”, dichiara il direttore del Corriere e presidente della cooperativa ‘Giornalisti e poligrafici’, Mimmo Angeli.
La cooperativa, che aveva rilevato il giornale nel 1979, versa in gravi condizioni e “come altre cento testate italiane siamo costretti dai tagli alla legge sull’editoria a alzare bandiera bianca”, continua a scrivere Angeli. La soluzione non è certo vivere di sovvenzioni, ma, spiega ancora il direttore del Corriere, “vogliamo rispettare le leggi create per aiutare l’editoria no profit che si è trasformata grazie ai governi che si sono succeduti, in una scandalosa distribuzione di denaro a giornali che non ne avevano diritto”.
Una vera e propria lotta per la sopravvivenza, quella in atto nel mondo dell’editoria italiana, soprattutto per la carta stampata. Una lotta “per difendere la nostra libertà, consapevoli che si debbano anche, nel limite dell’impossibile, far quadrare i conti”. Angeli spiega che “per questo abbiamo resistito oltre ogni limite, aggrappati al nostro giornale spiegando che la nostra cooperativa è composta da giornalisti e poligrafici con gli stipendi fermi da anni, disposti a rimboccarsi le maniche con un piano editoriale di lacrime e sangue”.
Le risposte? Non pervenute, o meglio: le poche proposte ricevute sono poi “cadute nel vuoto”. L’analisi di Angeli è lucida e spietata nel rilevare “l’indifferenza di una città che si appresta a perdere il suo giornale senza uno squillo di solidarietà o protesta”. Ma queste difficoltà riflettono altro, “sono lo specchio della profonda crisi della politica, di quella controrivoluzione che ha coltivato i semi dell’antipolitica, del ‘sono tutti uguali’ fino a una specie di pulizia etnica delle idee e dell’informazione”, conclude Mimmo Angeli.
La notizia ha scatenato immediatamente numerosi commenti sul web, spesso in netto contrasto gli uni con gli altri. In un articolo apparso sull’edizione online del Corriere della Sera, in particolare, non pochi utenti si sono espressi contro la denuncia di Mimmo Angeli: giornali paragonati a fabbriche o commenti sarcastici sullo scarso numero di lettori. Ma una voce libera deve esistere solo se raccoglie consensi di massa e non se parla per dare voce a pochi? Di diverso stampo, invece, molti commenti su Twitter pubblicati con gli hashtag #CorriereMercantile e #iostoconILMERCANTILE. Una voce in meno dovrebbe rappresentare sempre una sconfitta per la democrazia. Oppure no?
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