Editoria

Vittorio Feltri, eletto a Milano e condannato a Catania

Una settimana da leoni per Vittorio Feltri, eletto a Milano e condannato a Catania in poche ore. Il fondatore di Libero ha incassato più di 2.600 preferenze a Milano. E, a poche ore dallo scrutinio delle amministrative a Milano, è stato condannato dal giudice di Catania a pagare 11mila euro di multa per l’ormai famosa querelle legata al titolo “Patata bollente” sull’ex sindaco di Roma Virginia Raggi. Che, nel frattempo, è uscita con le ossa rotte dalle elezioni nella capitale dove gli elettori l’hanno tenuta fuori dal ballottaggio.

Vittorio Feltri si è candidato a Milano a capolista di Fratelli d’Italia. In campagna elettorale ha tenuto una posizione “originale”. Intervistato in diverse occasioni, ha dichiarato di non essersi “minimamente impegnato” per l’appuntamento politico. E, inoltre, ha bollato il suo candidato sindaco (Luca Bernardo) come inadeguato, ha duramente rampognato Salvini (“sbaglia sempre, anche quando respira”). Le sue “previsioni” politiche, come noto, si sono avverate. Sala ha vinto al primo turno (“forse l’ho votato anche io”) e lui ha incassato un numero record di preferenze. Eletto, frequenterà poco l’assise. “Ci sarò una volta su quattro”.

A poche ore dal voto, è arrivata la sentenza sul caso, notissimo, del titolo “Patata bollente”. Il pubblico ministero di Catania aveva chiesto a carico di Vittorio Feltri una pena di tre anni e quattro mesi di carcere. Un’enormità. Il giudice non ha accolto quella richiesta della pubblica accusa. Ma ha deciso lo stesso di condannare Vittorio Feltri. Dovrà pagare una multa da 11mila euro perché ritenuto colpevole del reato di diffamazione ai danni di Virginia Raggi. E mentre l’ex sindaco di Roma trova una parziale consolazione dal tremendo risultato elettorale conseguito, Feltri ha reagito a suo modo.

All’Adn Kronos, Vittorio Feltri s’è dichiarato disponibile a pagare la somma impostagli. Anzi, ne pagherebbe anche 20mila. E pur di farla finita si è proposto di regalare casse di champagne alla Raggi. Che, invece, ha commentato la sentenza come un “monito contro il sessismo”.  Seguita in questo dalla solita batteria pirotecnica dell’artigliera di supporto. Pietro Senaldi, direttore editoriale del giornale, non s’è voluto sbilanciare. Ha spiegato che attende le motivazioni della sentenza.

Luca Esposito

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