Nella sua recente audizione presso la Camera dei Deputati Vito Crimi, sottosegretario per l’Editoria del governo Conte, ha reso noti i suoi obiettivi per l’evoluzione del settore. Al centro delle proposte di Crimi c’è la graduale abolizione dei finanziamenti pubblici per l’editoria. In realtà ciò a cui aspira non è la cessazione di qualsiasi sostegno pubblico al settore, ma lo spostamento della destinazione dei contributi dagli editori al sistema editoria nel suo complesso. Ciò vuol dire che a beneficiare degli interventi sarebbero direttamente i cittadini. Questo perché, secondo Crimi, i contributi pubblici non fanno bene all’informazione, nel modo in cui sono attualmente strutturati. Al momento sarebbero infatti strumenti in mano al governo di turno per tenere a bada le testate. Il sottosegretario non intende azzerare quanto fatto nel precedente governo, ma proseguire in quel solco. Ha infatti detto di voler approfondire la legge 198/2016 e procedere con ulteriori verifiche dei beneficiari. Il provvedimento citato da Crimi, che porta il nome di Luca Lotti, ha già dato una decisa sforbiciata al novero degli aventi diritto alla corresponsione dei contributi. Tali soggetti si identificano in : cooperative giornalistiche; enti senza fini di lucro e imprese possedute interamente da enti senza fine di lucro; quotidiani e periodici delle minoranze linguistiche; imprese ed enti che editano periodici per non vedenti o ipovedenti; associazioni di consumatori; imprese editrici di quotidiani e periodici diffusi all’estero e le radio e tv locali. Con l’attuale sistema di contribuzione a beneficiare maggiormente dei fondi pubblici sono: Avvenire, Libero, ll Manifesto e Italia Oggi. Crimi ha citato proprio questi giornali, a supporto della sua testi sull’asimmetria dell’attuale sistema. Non è un caso che le idee esposte da Crimi durante l’audizione siano state oggetto di critica da parte de “Il Manifesto”, che ha evidenziato la mancanza di veridicità in alcune affermazioni del sottosegretario. Infatti il settore dell’editoria non è quello che ha ricevuto più fondi negli ultimi anni, contrariamente a quanto affermato da Crimi. In ogni caso la legge 198/2016 ha, come detto, già posto importanti paletti all’elargizione dei contributi, escludendo giornali organi di partito e testate facenti capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate.
Non è ben chiaro, però, quali misure potrebbero essere attuate per adempiere al cambiamento sistematico voluto da Crimi. Il sottosegretario ha parlato di individuare un target di fruitori o di prodotti editoriali, ma anche di voucher e detrazioni di imposta per i cittadini. Tutti strumenti ancora ammantati da una nube di incomprensioni e scetticismo. Direttrice dell’azione di Crimi sarà sicuramente il sostegno al rinnovamento tecnologico di prodotti editoriali tradizionali. Ciò si traduce nel dare maggiore importanza all’informazione digitale rispetto a quella cartacea. A riguardo, però, non si può ignorare la maggiore autorevolezza della carta stampata, che si configura ancora come la principale medicina per il dilagare delle fake news. E’ quanto affermato dalla maggior parte dei professionisti del settore e dagli stessi editori (si veda l’opinione in merito della Fieg, che qualche settimana fa ha consigliato a Crimi di maturare ulteriore esperienza nel settore.)
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