Chiunque di noi abbia un minimo di dimestichezza con il mondo dei social network sa che questi sono diventati un mezzo molto utilizzato dalle aziende che intendono farsi pubblicità a buon mercato. Pagine aziendali e profili twitter sono all’ordine del giorno: ogni volta che si diviene followers di un’azienda oppure fan, abbiamo prestato il nostro consenso, cioè l’elemento scriminante per far sì che l’azienda possa legalmente inviarci della pubblicità. Normalmente, il Garante ritiene lecito un consenso che sia informato, volontario e sottoscritto con un atto scritto. La velocità del mondo social, lo sappiamo, ha altre regole e per questo il consenso è considerato tale quando si incomincia a seguire l’azienda sui social network, ad esempio divenendone fan o followers: il consenso così prestato è pur sempre considerato informato e volontario e la sottoscrizione consiste nel cliccare il bottone “mi piace”, ad esempio. In questo caso, quindi, l’azienda può legittimamente inviare pubblicità sul nostro account social fino a quando non viene espressamente revocata l’autorizzazione tramite cancellazione dal proprio profilo del brand aziendale o espresso diniego. In queste circostanze, qualora l’azienda continuasse l’invio di materiale pubblicitario, si configurerebbe un illecito. Il Garante prosegue la sua analisi anche in merito all’invio di e-mail pubblicitarie. In questo campo, sostiene l’Autorità, l’acquisto di un prodotto e il contestuale rilascio dell’indirizzo della posta elettronica autorizza il successivo utilizzo dello stesso per l’invio di materiale pubblicitario, quali promozioni e volantini. Ad esempio, acquistando del materiale in un centro di bricolage e lasciando l’indirizzo e-mail per essere avvisati dell’arrivo della merce, al medesimo indirizzo il commerciante potrà inviare informazioni pubblicitarie. La stessa disciplina è applicabile agli acquisti online: se nel momento dell’acquisto, il consumatore ha rilasciato gli estremi dei propri contatti virtuali, l’azienda ben potrà fornire comunicazioni commerciali tramite questi canali. Infine, l’attenzione del Garante è per i software di condivisione, quali Skype, Messenger o Viber. Con questi programmi, il consenso deve essere esplicitamente fornito: solo così, non si rischia di cadere nell’invio di messaggi pubblicitari non graditi, fenomeno meglio noto come spam. Dunque, il consiglio è quello di selezionare adeguatamente le aziende di cui si vuole seguire l’attività, di modo da ricevere informazioni solamente da queste. Di converso, se siete gestori di account commerciali, per non infrangere la legge, attenetevi alle avvertenze del Garante per non inviare materiale sgradito ed esporvi, quindi, a responsabilità giuridiche.
Giannandrea Contieri
Il Garante per la privacy sanziona ChatGpt: per Sam Altman e la sua Open Ai…
La notizia è passata, come spesso accade, quasi in sottofondo. In Italia Google è il…
Usigrai torna ad alzare la voce e lo fa sul piano di incentivazione all’esodo promosso…
Il gruppo Visibilia passa di mano: lo ha annunciato Il Giornale, ieri sera, nell’edizione online…
La voce ricavi di Google “vale” tre volte quella di Rcs-Cairo Communications, cinque volte Gedi.…
“Le piccole librerie continuano a essere garantite”: parola di Antonio Terzi, presidente del sindacato italiano…