Fino alla fine avevano sperato che il Presidente della Repubblica non firmasse quella legge che pone un tetto allo sconto sui libri, rimandandola al Parlamento. Lo avevano sperato i lettori che da settembre in poi non potranno più godere di prezzi che vadano oltre il 15% del prezzo di copertina, lo avevano sperato le migliaia di firme raccolte da LiberLibri e dall’Istituto Bruno Leoni, lo avevano sperato numerosi editori come Mario Guaraldi (dimessosi dall’Aie per le polemiche con il presidente Marco Pollo), Rubbettino e Quodlibet, lo avevano sperato le associazioni per i diritti degli utenti e dei consumatori come l’Aduc, lo avevano spreto tutti quelli che credo nel principio della libertà di iniziativa economica. Perché non si capisce ancora il motivo di una legge che, senza alcuna vera utilità sociale, priva di qualsiasi supporto statistico ed economico, obbliga per legge a tenere i prezzi alti, deprimendo il mercato – perché diminuiranno le vendite – e quindi la diffusione della cultura e il tanto decantato “pluralismo dell’informazione”.
Secondo Alberto Mingardi, Direttore Generale dell’Istituto Bruno Leoni, «il mercato librario è, ovunque nel mondo, coinvolto in un processo evolutivo in rapidissima accelerazione». «Non sappiamo – continua Mingardi – dove condurrà questo processo. Proprio per questo, introdurre norme che limitano la libertà degli attori di mercato ci sembra, in questo momento, un rischio e non un potenziale beneficio per quel mercato librario che si vorrebbe tutelare».
Luana Lo Masto
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