Ieri su diversi quotidiani nazionali l’Assorassegna stampa, l’associazione degli editori di rassegna stampa, ha pubblicato una interessante dichiarazione d’intenti, manifestando la disponibilità da parte delle imprese aderenti a versare agli editori di giornali una quota del fatturato derivante dalla propria attività. Si tratta di un punto di forte innovazione rispetto ad un dibattito che, da anni, si è mosso su binari sterili; da un lato gli editori di giornali che hanno sempre accusato le agenzia di rassegna stampa di svolgere un’attività parassitaria; e dall’altro le agenzie che sostengono le proprie ragioni in nome di un lavoro di razionalizzazione delle notizie scelte e del principio dell’informazione aperta. In mezzo al guado, la federazione italiana editori giornali che ha sempre trattato questo tema con l’arroganza del grande, di chi ha ragione a prescindere, escludendo dal dibattito, anche politico, tutti gli editori aderenti ad altre associazioni. Addirittura in occasione di audizioni parlamentari è stata interpellata da sola. E non a caso, la promo press, società privata in house della Fieg, aperta anni fa per controllare la distribuzione dei giornali e duramente censurata dall’Antitrust, è stata riciclata in una società di gestione collettiva dei diritti dei pezzi pubblicati sulle rassegna stampa. Un modo per dire, questa è roba nostra. Il progetto dell’Assorassegna stampa che punta ad un coinvolgimento massimo di tutti gli editori, attraverso le associazioni alternative, tra cui Uspi e File, e che chiede una tutela pubblica sui criteri di ripartizione del fatturato tra i diversi giornali, è un modo nuovo per dire cose semplici. L’informazione non può essere relegata ad un gioco di interessi dei grandi gruppi editoriali. Buona la prima.