Verretto: “Fermiamoci a pensare il futuro dell’editoria”

0
957
L’invito di Verretto: fermiamoci a ragionare, per il futuro dell’editoria. L’ultima relazione dell’Agcom sullo stato di salute dei media italiani ha reso l’immagine di un settore in crisi. L’avanzata degli over the top digitali, unita alla disaffezione e complicata dagli effetti della crisi Covid, ha reso necessario un cambio di passo. Per la sopravvivenza stessa dell’editoria. Soprattutto sul fronte dei giornali, dei “cartacei” che più degli altri media si trovano a fare i conti con la rivoluzione digitale.

Dunque è necessario ascoltare la voce di coloro che sono o saranno i protagonisti diretti di questo epocale mutamento. Gli editori, i direttori, le cooperative di giornali, le voci dei territori. Iniziamo il nostro viaggio nel futuro dell’editoria con Claudio Verretto, editore di Sprint e Sport, storica e prestigiosa voce sportiva del Piemonte e Valle d’Aosta.

 

Secondo l’Agcom la crisi della carta stampata appare irreversibile. Al punto che i quotidiani non avrebbero granché risentito dalla pur “accresciuta domanda di informazione”. Sulla base della sua esperienza, condivide l’analisi pubblicata dall’autorità?

Innanzitutto credo si debba distinguere tra quotidiani a tiratura nazionale e quotidiani locali. Questi ultimi sono maggiormente radicati sul territorio, sono vicini alle loro comunità e, pur non avendo dati alla mano, sono quasi sicuro che se hanno perso, percentualmente, hanno perso pochissimo. Escludo gli sportivi, come nel caso del nostro settimanale, e non siamo gli unici naturalmente, perché venendo a mancare tutta l’attività ufficiale ha inevitabilmente avuto uno scarso appeal. Semmai è stata la pubblicità il vero tracollo con la pandemia. Sui quotidiani nazionali credo abbiano influito negativamente le linee editoriali. Siamo in pandemia, la situazione è complicata e vorrei vedere anche solo una fiammella in fondo al tunnel, e se tu continui a dirmi che moriremo tutti difficilmente mi vedrai in coda all’edicola a comprare il tuo giornale. Temo non si sia fatto un buon servizio e che sia peggiorata complessivamente l’opinione già pessima della categoria. Poi, aldilà di come viene pensato e confezionato un giornale, penso che vi sia una mancanza di idee e una proposta tecnologica inadeguata.

 

 

Cosa è accaduto in questo lungo periodo di emergenza Covid? Dal lockdown ad oggi cosa sta cambiando? Come mai in molte realtà “non si vende più”?

Va fatta un’analisi profonda che dovrebbe coinvolgere i grandi maestri come il “nostro” Domenico Porpiglia (il Presidente della Repubblica lo ha appena insignito del titolo di commendatore, complimenti). Giornalisti che hanno attraversato almeno tre epoche storiche e che possono portare un contributo decisivo. Anche perché, oltre a essere maestri di giornalismo, parliamo di figure che si sono impegnate a fondo nell’impresa. E, dunque, hanno una visione duplice: sia quella “redazionale” che quella imprenditoriale. Che cos’è intanto un giornalismo di qualità ai tempi dei Social e dei microblog? Se le vendite rallentano malgrado ognuno di noi pensi di fare un “buon” giornale, forse perché è di valore solo per noi ma non per i potenziali lettori. Servono idee, confronto, tavoli tecnici e infine, opinione del tutto personale, credo si debba smettere di inseguire il SEO.

 

 

Una buona notizia è lo slittamento dei tagli all’editoria. Un traguardo oppure un punto di partenza per i giornali?

Il taglio dei contributi all’editoria e all’innovazione tecnologica avrebbe prodotto effetti devastanti sui giornali, sulla filiera, sull’INPGi (che già versa in condizioni disperate), sui posti di lavoro, sulle piccole comunità e avrebbe alimentato il precariato che è la vera piaga da combattere. Esiste ormai un numero imprecisato di blog di informazione gratuita che però riescono, appunto, ad essere gratuiti perché la loro attività si svolge al di fuori dalle regole. Detto questo non va considerato come un traguardo lo slittamento del taglio bensì come una opportunità per ristrutturare le imprese.

 

La frontiera digitale va colta come un’opportunità. È davvero così?

Assolutamente sì. Però il giornale di carta vivrà sempre e continuerà ad essere centrale. La versione cartacea del giornale è un segno di autorevolezza perché, checché se ne dica, confezionare settimanalmente o quotidianamente un giornale resta un’impresa e per i lettori conserva il suo fascino. Ma l’informazione richiede sempre più immediatezza, non possiamo permetterci di perdere una fetta di lettori che si alimenta attraverso il digitale. Carta e digitale devono andare di pari passo. Vi è però un limite che dobbiamo superare e cioè i micro pagamenti.

 

Eppure ci sono dei problemi “strutturali” nel mercato del web. Il recepimento della direttiva Ue sul copyright servirà a risolvere, almeno, qualcuna delle distorsioni causate dalla presenza degli Over the Top? (oppure cosa e come si potrebbe e dovrebbe promuovere per risanare il dislivello)?

Intanto, come bene ho letto su editoria.tv, servono ancora i decreti attuativi. Gli Over the Top non sono un nemico da combattere se pagano le tasse e se smettono di sfruttare il lavoro delle redazioni a costo zero, cosa che hanno fatto fino a questo momento. Da qui la normativa sul copyright e, aggiungerei, il Gdpr. Che li ha costretti a ridimensionare, almeno parzialmente, la gestione allegra dei nostri dati. Siamo solo all’inizio, forse nel nostro Paese manca quel coraggio che invece non è mancato alla Francia. Che ha comminato pesanti sanzioni a Google. Vale poi la pena di ricordare, in tema di contributi pubblici all’editoria, che la Francia mette a disposizione venti volte i fondi dell’Italia per sostenere i giornali.

 

Sarà un autunno decisivo per il futuro dell’editoria italiana. Come vi state preparando?

Con coraggio e, non nascondo, anche tanta paura. Abbiamo fatto investimenti per una nuova piattaforma, potenziato la nostra applicazione mobile e, con il ritorno in edicola del primo numero della nuova stagione del 23 agosto, stravolto l’edizione cartacea. Una piccola rivoluzione che speriamo possa incontrare il gradimento dei lettori. A volte la buona riuscita di un progetto dipende anche da una buona campagna di comunicazione, in questo caso potrebbe non bastare anche se siamo fiduciosi. Il giornale che si troveranno a stringere tra le mani sarà una cosa completamente diversa e noi sappiamo che cosa può voler dire l’impatto generale più della sostanza. Ne usciremo se sapremo fare una corretta formazione ai giovani che si avvicinano ancora a noi per imparare la professione, se sapremo inserire nuove figure professionali (i Social manager per citarne una), se sapremo confezionare un giornale che parli soprattutto ai giovani, se saremo efficaci nel comunicare che un giornale ormai deve essere per forza di cose interattivo.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome