Ecco il testo della lettera che il presidente del consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Verna ha inviato al sindaco di Napoli Luigi De Magistris sull’ennesimo “caso Feltri”.
Sono nato in uno storico palazzo nel cuore di Napoli in via Foria dove Luciano De Crescenzo girò diverse scene del suo famoso “Così parlò Bellavista“.
In quell’edificio dove campeggia uno stemma in cui si legge “numquam retrorsum”, giammai indietreggeremo, non ci sono ascensori. Ma il Professore ne simulò scenograficamente l’esistenza per una scena sublime. La coesistenza obbligata nel buio e nel silenzio del napoletano e del milanese (interpretato dall’impareggiabile attore meneghino Renato Scarpa) che si guardavano con sospetto e che all’improvviso incontrandosi scoprirono reciprocamente un filo umano che li univa molto più resistente degli stereotipi divisivi, facendo scoccare la scintilla dell’amicizia. Un sentimento che deve estendersi in questi giorni di una prova difficilissima. Napoli è Milano, Milano è Napoli, Italia, Europa (nonostante le spine), mondo, umanità. Quei tanti morti lombardi per lo spirito di Bellavista sono i nostri morti. De Crescenzo è stato Napoli, Feltri non è Milano, non lasciamoci trascinare fuori da quell’ascensore. Se non si sale si scende così come Papa Francesco sottolinea che chi non progredisce regredisce. Perché scrivo, perché me ne occupo a costo di apparire sdolcinato? Cambio subito tono, assumendo le vesti di presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, che si ritrova tra gli iscritti questo nome (Vittorio Feltri, ndr) noto anche per la sua capacità di essere urticante, in passato pure in maniera brillante ma negli ultimi tempi fuori dalle righe e meritevole di ampie reprimende come seminatore d’odio.
In tanti scrivono per sollecitare di metterlo fuori della nostra comunità professionale. Si può fare attraverso un regolare procedimento guidato da un autonomo consiglio di disciplina. È competente quello del luogo dove il giornalista è iscritto, ovvero nel caso specifico quello della Lombardia, che naturalmente deve essere attento sempre nelle sue pronunce alle libertà garantite dall’art. 21 della Costituzione, anche se sottolineo il principio di non discriminazione insito nell’art.3 noto per sancire l’uguaglianza, e ai giuristi indicherei la strada della valutazione della cosiddetta legge Mancino. È lo stato diritto che dal 2012 ha voluto la separazione dei poteri anche nell’ambito degli ordini professionali. Con chi giudica nessuno può interferire. Sarebbe come chiedere conto a un Presidente del consiglio dell’azione, dell’omissione o della fondatezza della pronuncia di un magistrato. Non si può fare.
Posso solo chiedere scusa a mio nome e a quello della stragrande maggioranza di colleghi che hanno lo stesso tesserino di Feltri per il reiterato atteggiamento di vacua ostilità. Lo trovo indegno ma mi adeguo e amo Milano come Napoli di cui sono sempre rimasto orgoglioso cittadino. Con Luciano e Renato accendiamo le due candeline nel silenzio dell’ascensore, come nel film, distanti dal rumore di Vittorio.
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