Il sogno della Silicon Valley è realtà, almeno in California. Dove il governatore Gavin Newsom, a costo di andare contro il suo stesso partito, quello democratico, si è opposto con veemenza al disegno di legge presentato dal senatore Scott Wiener per mettere limiti all’applicazione e all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. La lezione, evidentemente, non è servita. Lasciare che gli Over the Top, e la stessa Silicon Valley, facesse un po’ ciò che più poteva aggradarle ha ridotto il mercato digitale a una ristretta conventicola di poche, pochissime, aziende che detengono, oltre a quote di mercato al limite del totalitario anche un potere di dimensioni gigantesche. Basti pensare a ciò che accadrebbe e accade, ogni giorno, a chi con fatica e dedizione porta avanti un portale di informazione. Se Meta e Facebook decidono di oscurare le notizie, se Google caccia, senza contraddittorio, il sito dai contenitori News o Showcase, le voci si zittiscono alla velocità della luce. Alla faccia del pluralismo, quello che, per intendersi, piace poco alle grandi major digitali ma che rappresenta un valore costituzionalmente garantito.
Negli Stati Uniti, e nella democraticissima California, con ogni evidenza i campioni della Silicon Valley hanno un peso politico (ed economico) tale da indurre persino il governatore a scendere a più miti consigli. E a farsi portavoce e portabandiera di una campagna contro il suo stesso partito. Il disegno di legge proposto da Wiener, infatti, prevede di obbligare le grandi aziende madri dei progetti più disparati dell’intelligenza artificiale a imporre un tasto “stop” in grado di disattivare gli algoritmi più potenti (e potenzialmente devastanti) in caso di pericolo pubblico. Chiaramente, il progetto di legge prevedeva anche l’imposizione di costosi test di sicurezza. Ma quando c’è da sganciare, Meta e Google non sono mai troppo felici. E così hanno iniziato ad avviare la loro controcampagna arrivando a guadagnare alla loro causa il governatore Newsom. Che continua a ritenere di dover lasciare fare ai campioni digitali convinto com’è che imbrigliare la ricerca possa fermare l’innovazione. La stessa identica giustificazione, in un certo senso, che ha portato il web a trasformarsi in un solido oligopolio che, oggi, è impossibile scardinare.