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VARIETY È IN VENDITA: TROPPA CONCORRENZA, POCA PUBBLICITÀ

Un marchio prestigioso, con alle spalle una carriera centenaria, fondato nel 1905 da Sime Silverman, famoso per aver pubblicato la prima recensione di un film: Eppure Reed Elsevier ha deciso di mettere in vendita il magazine Variety.
Solo una decina di anni fa le entrate annuali di Variety erano stimate in circa 90 milioni di dollari all’anno, con un profitto percentuale superiore al 30%. Dal 2008 le entrate derivate dalla vendita degli spazi pubblicitari sono però radicalmente diminuite a causa di una maggiore e più agguerrita concorrenza nel settore, guidata dal rinnovato The Hollywood Reporter e composta da new entry di successo come The Wrap o Deadline.
Negli anni sembra non ci siano stati cali nel numero di copie distribuite del magazine, fisse a una media di 35 mila, ma le pagine visualizzate sul sito internet dal 2008 hanno registrato una diminuzione significativa a causa dell’introduzione di un costo per accedere a molti dei contenuti pubblicati.
Fin da subito le statistiche Nielsen hanno infatti registrato un -40% di pagine viste, mentre il numero di visitatori unici si è mantenuto quasi stabile grazie alle news gratuite. Il muro eretto tra lettori e notizie ha inoltre avuto come effetto collaterale un profondo dissapore con gli autori dei testi, il cui lavoro ha subito un danno a causa della minore visibilità.
Nel 2010, due anni dopo queste decisioni poco apprezzate, la Reed Business Information annunciò la volontà di mettere in vendita la testata, ma rifiutò un’offerta da 1 miliardo di dollari e proseguì nella sua strategia di rilancio poco vincente composta da un aumento di conferenze ed eventi, di investimenti nel campo della raccolta dati come Variety Insight, l’acquisizione di TVtracker, il lancio di Flixtracker e dei servizi di Variety archives.
I problemi sono aumentati con il trascorrere degli anni anche dal punto di vista editoriale con l’allontanamento dello storico direttore Peter Bert e di un continuo abbandono dei redattori più influenti e conosciuti, assunti dalle testate concorrenti, come Mike Fleming, Anne Thompson, Ben Fritz o i critici David Rooney e Todd McCarthy.
La mancanza di staff esperto ha giocato un ruolo fondamentale nell’impoverimento dei contenuti privati di esclusive e aggiornamenti, direttamente rilasciati dagli studi cinematografici ad altre testate più dinamiche e in grado di mantenersi competitive adeguandosi rapidamente alle nuove tecnologie e alle esigenze dei propri lettori.

La Reed Business Information, che possiede Variety dal 1987 quando acquistò la testata per 64 milioni di dollari, ha negato che la messa in vendita sia legata a problemi economici, sostenendo che si tratti solo di una scelta dell’azienda che ha già ceduto gli altri magazine di sua proprietà per dedicarsi ad altri tipi di servizi.

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