Varata la riforma Inpgi: sacrifici per il futuro o solo una stangata?

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A partire dal 1 gennaio 2016 entrerà in vigore la riforma della previdenza per i giornalisti italiani. Consiglio di amministrazione dell’Inpgi: “interventi di riforma necessari ad assicurare la sostenibilità della Gestione Previdenziale dell’Ente”. Persi il 16 % degli occupati

Lo stato di crisi del mondo dell’editoria in Italia sembra aggravarsi sempre di più. In conseguenza di ciò aumentano le perdite di posti di lavoro ed il ricorso agli ammortizzatori sociali. Tutto questo ha portato la gestione previdenziale dell’Inpgi ad uno stato di “grave sofferenza”. A spiegarlo è il presidente Andrea Camporese, che continua fornendo qualche numero: “tale crisi ha comportato da un lato, una rilevante perdita dei rapporti di lavoro pari a circa il 16% negli ultimi cinque anni e dall’altro, un sempre più intenso ricorso agli ammortizzatori sociali (nel 2014 il numero dei giornalisti che hanno beneficiato del trattamento di disoccupazione sono stati 2.013, della Cigs 772 e dei contratti di solidarietà 2.858)”.

Il periodo lunghissimo di crisi economica che stiamo vivendo ha comportato pesanti riflessi sulla situazione occupazionale nel settore dell’editoria e, di conseguenza, ha inciso nelle dinamiche del rapporto tra contributi e prestazioni lavorative e sugli equilibri di gestione delle società.
Per questo motivo, dopo aver preso atto del Bilancio Tecnico Attuariale redatto da Marco Micocci, l’Inpgi ha deciso che era necessario adottare interventi volti ad assicurare la sostenibilità della gestione previdenziale. Vine previsto, in particolare, un contributo straordinario che sarà applicato a tutte le pensioni per fasce d’importo e percentuali crescenti della durata di 5 anni a partire dalla data di approvazione.

Il Cda dell’istituto ha approvato gli sgravi contributivi triennali per le assunzioni a tempo indeterminato (in vigore solo dopo l’ok dei ministeri), mentre vengono ridotte del 10% le indennità relative alle cariche di presidente, consiglieri di amministrazione e dei sindaci.

Secondo quanto afferma Camporese, la riforma appena varata “appare inevitabile sul piano del rispetto delle norme di legge e della tutela stessa degli interessi degli iscritti. La drammatica crisi occupazionale del settore, che perdura da sette anni, ha subito una ulteriore fortissima accelerazione nell’ultimo triennio con un indice di perdita di posti di lavoro sei volte superiore a quello registrato nel Paese. I richiami dei Ministeri Vigilanti, della Corte dei Conti, del Collegio Sindacale, inevitabilmente hanno registrato un forte deterioramento della sostenibilità prospettica a causa di elementi totalmente esogeni alla gestione dell’Istituto”.

Un neo assunto, a parità di contribuzione con il sistema generale, riceverà un assegno di pensione superiore del 28 per cento, nonostante l’intervento varato. Un disoccupato, nonostante la limatura dell’assegno, riceverà una integrazione al reddito doppia rispetto al sistema generale. Il contributo straordinario e temporaneo richiesto ai pensionati, circa 20 euro netti al mese per una pensione di 60 mila euro lordi di pensione, si colloca in un contesto generale di sacrificio a sostegno del destino complessivo della categoria.

Lo scorso 17 luglio la Fnsi ha espresso parere favorevole, mentre la Fieg una settimana dopo ha avanzato qualche perplessità. Gli editori di giornali, pur apprezzando lo sforzo generale non si ritengono di esprimere un parere definitivo.
A margine dell’approvazione della riforma, invece, parla il segretario nazionale della Fnsi, Raffaele Lorusso, che spiega comein un quadro generale di necessaria e inevitabile revisione delle prestazioni la manovra raggiunge l’obiettivo dell’equità, della sostenibilità e, soprattutto, della serietà e della responsabilità. Le misure riguardano, infatti, la categoria nel suo complesso: tutti sono chiamati a fare sacrifici per salvaguardare l’autonomia dell’ente previdenziale. L’Inpgi ha sostanzialmente recepito le osservazioni allegate al parere favorevole espresso dalla Giunta Esecutiva della Fnsi, salvaguardando soprattutto i colleghi e le colleghe di aziende in crisi. Particolare importanza riveste per il sindacato la previsione di criteri di gradualità e di progressività che eviteranno il fenomeno degli esodati”.

Lorusso spiega ancora che le clausole di salvaguardia in favore delle giornaliste e per coloro che raggiungeranno i 40 anni di contribuzione entro il 2021 sono ispirate a principi di sostenibilità ed equità. Inoltre “il contributo di solidarietà a carico delle pensioni in essere, contestato da una minoranza rumorosa di pensionati, alla fine si riduce in un prelievo progressivo di poche decine di euro, ma introduce un elemento di solidarietà intergenerazionale in favore del quale si sono espressi molti colleghi oggi in pensione, come dimostrano ben due ordini del giorno responsabilmente approvati dall’Unione Nazionale Giornalisti Pensionati.

Sacrifici finiti? Non proprio, il segretario della Fnsi ricorda quello che viene imposto “ai trattamenti di disoccupazione: non va, però, dimenticato che il regime garantito dall’Inpgi resterà di gran lunga più favorevole di quello previsto dal sistema generale. Anche il cda ha voluto fare la sua parte, approvando il taglio del dieci per cento delle indennità del presidente e dei consiglieri, che diventerà operativo dopo il via libera del consiglio generale, competente per statuto. È poi significativo che, nella stessa riunione, siano stati approvati gli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato”.

Soltanto la ripresa dell’occupazione potrà, infatti, assicurare agli istituti della categoria una sostenibilità nel lungo periodo. Necessari, in tal senso, saranno interventi mirati sulle leggi di sistema per mettere al passo con i tempi l’intera categoria”, conclude Lorusso.

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