Avanti il prossimo, dunque. Sia Peluffo, o Sortino, o lo stesso Monti, o un altro ancora, a prendere il posto di Carlo Malinconico, la patata dell’editoria resta bollente. Sperando che non incappi in altre disavventure, il nuovo responsabile di questo settore dovrà mettersi subito al lavoro, perché di tempo se n’è già perso abbastanza.
Dov’eravamo rimasti? Al solito punto: il governo Monti ha usato le forbici fabbricate da Berlusconi-Bonaiuti per mettere le mani nelle tasche dei giornali di idee, editi da cooperative, di partito e compagnia, tosando i contributi degli anni passati, non riaprendo la questione del diritto soggettivo e lasciando ancora vaga la definizione dei criteri che dovrebbero presiedere al nuovo regolamento.
Malinconico non ha avuto molto tempo per avviare seriamente questo lavoro, ma è chiaro che questo è dipeso solo da lui. A questo proposito, adesso tutti dicono che si sapeva del relais di Porto Ercole, «noi l’abbiamo scritto e solo noi», «non è vero, l’avevamo scrittto pure noi» eccetera. Ben venga la concorrenza. Ben vengano la cronaca, l’inchiesta, la denuncia. Ben venga anche l’orgoglio di testata. Bravi quelli del Fatto? Bravi, bravissimi.
Ma non c’è bisogno di dare lezioncine, meno che mai a un giornale come il manifesto che le denunce (e anche di ben più elevato spessore) le fa da quando i giornalisti di Padellaro andavano alle elementari. Parentesi chiusa. E ci piace riprendere ciò che ha scritto Andrea Fabozzi sul manifesto di ieri: «Monti nella conferenza stampa di fine anno ha detto che sarebbe “impensabile” cancellare completamente i contributi che sono “il lievito di un’informazione pluralista”. Sia conseguente e agisca rapidamente per rimediare al pasticcio del suo sottosegretario. Se cento giornali chiudono nessuna riforma avrà senso». Non si può dire meglio.
Come tutti sanno, Liberazione ha già chiuso. La sua sfida ad essere presente solo sul web è difficilissima, in assenza di un quadro chiaro di sostegno e incentivazione a quelle forme nuove di presenza editoriale cui l’ex sottosegretario pure aveva fatto riferimento. Una soluzione potrebbe essere Francesco Saverio Vetere, Segretario Generali dell’Uspi. Uomo di grandissimo profilo, conoscitore profondo delle problematiche di settore, impiegherebbe un attimo ad oliare i meccanismi farraginosi della Presidenza del Consiglio per far ripartire il dialogo con le parti. Questa potrebbe essere la soluzione ideale.