Non poteva mancare, anche in questa campagna elettorale, la “madre” di tutte le proposte: l’abolizione del canone Rai e l’Usigrai si arrabbia. L’ultimo, solo in ordine di tempo, è stato Matteo Salvini che ha lanciato l’idea elettorale direttamente dal palco ultra leghista di Pontida. Il senso della “promessa” va cercato nel facile consenso da riscuotere. Il canone Rai, dopo una lunghissima stagione demagogica di populismo, torna al centro del dibattito politico. Eppure non sono tutti d’accordo. Anzi. Alza la voce il sindacato dei giornalisti Rai dell’Usigrai che “smonta” la polemica, punto per punto.
Secondo Usigrai: “Senza canone Rai ogni famiglia risparmierebbe 24 centesimi al giorno. La Lega di Salvini che vorrebbe abolirlo e non solo toglierlo dalla bolletta chiarisca agli italiani anche cosa perderebbero in termini di servizio pubblico senza quattordici canali televisivi, tredici radiofonici, i tg e gr nazionali e regionali, i siti di informazione, le piattaforme digitali, un centro ricerche per le telecomunicazioni e un’orchestra sinfonica nazionale”. Insomma, il gioco elettorale non vale la pena di mettere a rischio il servizio pubblico.
E ancora: “Un servizio pubblico non vive di pubblicità, come fanno invece le Tv commerciali. Semmai sono gli spot che andrebbero aboliti a fronte di risorse certe e adeguate”. Dunque Usigrai ha concluso: “Se poi la Rai viene ritenuta, a stagioni alterne, di destra o di sinistra, siano i partiti a liberarla riformando subito la legge di nomina dei vertici dell’azienda che oggi mette in mano alla maggioranza e al governo di turno la redini della Rai; invece di usarla solo per fare propaganda elettorale”.
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