Usigrai fa le pulci alla programmazione Rai bocciando, senz’appello, le trasmissioni “nuove” che hanno finito già, prima del tempo e con ascolti evidentemente non esaltanti, il loro corso. Il sindacato dei giornalisti di viale Mazzini bocciano la trasmissione Se mi lasci non vale di Luca Barbareschi: “Ultima puntata. Finiscono così, prima del tempo, le trasmissioni dei conduttori graditi ai vertici Rai nominati dal governo ma non al pubblico che infatti non li guarda”. Il sindacato tuona: “Dopo “l’Altra Italia” anche “Se mi lasci non vale” arriva a fine corsa prima del tempo e con tanti soldi pubblici buttati per la sola ragione di compiacere chi controlla la Rai. Chi paga questo ennesimo flop dettato dal “cambio di narrazione” imposto all’azienda di servizio pubblico?”.
Per Usigrai il problema della programmazione si riverserà direttamente sui più deboli: “I primi saranno i dipendenti e i collaboratori sui quali il governo ha posto in finanziaria il taglio delle spese per il personale. A seguire saranno i cittadini che pagano il canone per un prodotto che non è all’altezza del ruolo e della storia della Rai che dopo 100 anni di Radio e 70 di televisione è diventata irriconoscibile anche per chi ci lavora”. Il sindacato avverte: “Da dipendenti Rai diciamo no a una manovra con tagli lineari sul personale, mentre milioni di euro vengono buttati per produzioni che falliscono i loro obiettivi, lasciando letteralmente per strada nuovi collaboratori e professionisti che a decine la Rai ha contrattualizzato, mentre continua a non stabilizzare i precari storici”.
Prima di Barbareschi, era stato Antonino Monteleone a dover assistere alla chiusura della sua trasmissione. E l’Usigrai non aveva mancato di polemizzare: “Dopo 5 puntate e uno share mai oltre l’1,8 percento, chiude il programma L’altra Italia. Un disastro annunciato, dai costi faraonici: 180mila euro a puntata, 33 puntate previste, e un contatto biennale da 700mila euro per il conduttore Antonino Monteleone. Un ingaggio che la Rai non intende toccare, mentre collaboratori, precari a partita Iva, rischiano di rimanere senza lavoro”. L’accusa è grave: “Del resto in questa Rai a pagare devono essere sempre i più deboli, la responsabilità non è mai dei vertici, al massimo di qualche gradino infame. Una dirigenza che continua a umiliare le professionalità interne: prima di ingaggiare l’ennesimo fenomeno da zero virgola, è stato verificato se fra gli oltre diecimila dipendenti non ci fosse già qualcuno con le carte in regola per fare meglio?”.
Per il sindacato si concretizzano elementi utili ad adire vie contabili e legali: “Se così non è stato si potrà chiedere conto, a questi dirigenti, in termini di danno erariale. Gli stessi dirigenti che hanno tagliato unilateralmente, ai soli giornalisti, il premio di risultato, senza mai – in questi 11 mesi – voler realmente trattare un nuovo accordo. Una sola, inaccettabile, proposta: prendere o lasciare. Non siamo disposti a pagare i fallimenti della Rai con i nostri stipendi”.
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