L’accordo tra gli Internet service provider statunitensi e le Major dell’intrattenimento rappresentate dalla Recording Industry Association of America (RIAA) e la Motion Picture Association of America (MPAA), esiste davvero e fungerebbe, come l’HADOPI in Francia, da avvertimento per gli utenti responsabili dello scambio in rete di file protetti da diritto d’autore (peer to peer). Eppure analizzando nel dettaglio le modalità di intervento previste, più che di “copyright alert” si potrebbe parlare di una forma sottile di “spionaggio” degli internauti fatta passare per educazione alla legalità. Questo perché alcuni dei gruppi commerciali per le quattro case discografiche più importanti degli Usa e sei dei migliori studi cinematografici di Hollywood saranno autorizzati, dalle clausole di un accordo studiato per circa due anni, a tracciare gli IP degli utenti connessi alle reti di file sharing illegale e sulla cui identità, ISP del calibro di AT&T, Verizon, Comcast, Cablevision e Time Warner Cable, in seconda battuta, saranno tenuti ad indagarne l’identità una volta ravvisata l’infrazione. Aspetto che implica comunque lo scambio di informazioni sugli abbonati da parte degli ISP qualora le Major abbiano intenzione di procedere per le normali vie giudiziarie. Intanto, immediata è stata la reazione della associazioni per i diritti civili come l’Electronic Frontier Foundation (EFF) e Public Knowledge, impegnate a denunciare la pericolosità di una prassi che farebbe degli ISP, già responsabili dell’accesso ad Internet di una larga percentuale dei cittadini statunitensi, il braccio armato delle Major volte a tutelare con ogni mezzo i propri interessi, seppur legittimi. Le ragioni di Riaa e Mpaa fanno infatti appello ad una realtà che registrerebbe per l’industria dell’intrattenimento statunitense una perdita di 16 miliardi di dollari all’anno e 400mila posti di lavoro, anche se, un recente studio Nielsen, “SoundScan”, ha rilevato una prima timida inversione di tendenza con la crescita dell’1% delle vendite degli album musicali rispetto agli anni bui del periodo 1999-2004. Complice di un risultato simile sarebbe proprio la disponibilità dei servizi digitali offerti agli utenti-consumatori attraverso Internet, con un incremento del 3.6% connesso al numero di download legali effettuati.
Manuela Avino