La Silicon Valley al gran completo incluse Apple e Google, la stampa americana da Fox all’Associated Press, e una lunga schiera di professori appoggia la battaglia di Redmond per fermare le autorita’ che, in nome della lotta al terrorismo, rivendicano il diritto di poter accedere alle email degli americani anche senza che questi ne siano a conoscenza. Un ‘potere’ che, secondo il Dipartimento di Giustizia, e’ concesso dal Patriot Act, che prevede in caso di pericolo per le indagini di poter accedere a una ‘proprieta’ privata’ senza che il titolare ne sia a conoscenza con ‘mandati segreti’. L’industria tecnologia e media fanno pero’ fronte comune e dicono no alle intrusioni ‘segrete’ del governo, le cosiddette sneak-and-peek, che violano la privacy e i diritti costituzionali. Il caso di Microsoft contro il governo fa eco allo scontro fra Apple e le autorita’ americane sullo sblocco dell’iPhone del killer di San Bernardino. L’azione di Redmond non si basa su un singolo caso e punta a smontare il processo legale che il governo usa per mantenere le sue richieste di informazioni segrete. Microsoft ritiene che gli ordini segreti stiano diventando una prassi: delle 5.600 richieste di informazioni di dati di clienti ricevute dal governo fra il settembre 2014 e il marzo 2016, quasi la meta’ era accompagnata da ordini per mantenere la segretezza che di fatto hanno impedito a Microsoft di comunicare ai clienti che le loro informazioni venivano consegnate alle autorita’. L’azione legale di Microsoft si basa sulla presunta incostituzionalita’ di una clausola usata dal governo dell’Electronic Communications Privacy Act che impedisce a Redmond di notificare ai clienti che le loro informazioni sono state consegnate alle autorita’, in alcuni casi in via indefinita.