UN BLACKBERRY SU DUE IN PANNE. SI PREPARA UNA MEGA CLASS ACTION

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Quello che tutti speravano non dovesse accadere alla fine è successo: il blackout degli utenti del BlackBerry si è allargato al mondo intero. Dopo Europa, Asia, Africa e Sud America, ieri è stata la volta del Nord America. Un disastro. Forse di più. In tutto il mondo le persone che usano il BB sono 70 milioni. Alcune stime a caldo parlavano ieri di problemi per 30-40 milioni. Non c’è notizia di un caso così eclatante nella storia delle telefonia. Il traffico dati, quello che permette di veicolare un flusso pressoché continuo e ininterrotto di email, instant message, visite ai siti e raccolta di informazione via web, è diventato un inferno per chi ha uno strumento di lavoro della canadese Research in Motion. Ci siamo talmente abituati alla dipendenza dai dati che il caso del blackout Rim, che dura da 72 ore, seppur a singhiozzo, e anzi si sta allargando a macchia d’olio, rischia di scatenare delle azioni legali. Secondo informazioni raccolte dal Corriere molte aziende della City starebbero preparando una class action contro Rim. Il BlackBerry, da sempre, è infatti lo strumento per antonomasia di banchieri e uomini di business.
La stessa azienda ha sempre puntato sulla clientela aziendale proponendo e vendendo il pacchetto che permette di gestire i dati in maniera efficiente ed economica come soluzione professionale. Una strategia che adesso gli si potrebbe ritorcere contro. La sede londinese della società ieri si è attivata per capire la reale portata del pericolo class action, una eventualità che rischia di peggiorare la già delicata situazione di Rim. L’azienda ha infatti perso in appena 12 mesi il ricco mercato nordamericano, prima un quasi monopolio. Il BlackBerry è stato a lungo lo status symbol di Wall Street. Banchieri, imprenditori e finanzieri si sono sempre avvalsi dei servizi Rim fino all’avvento dell’era dell’Iphone e degli smartphone Android che ne hanno preso il posto. Uno switch che è costato alla Rim una perdita di capitalizzazione di circa il 60% in Borsa. Ieri il titolo ha perso oltre il 2 per cento e a New York il 3,46%. Difficile capire se la class action potrà essere replicata anche in altri Paesi, a partire dall’Italia. La legge che introduceva le azioni collettive anche da noi era stata recepita in maniera parziale, con un sistema che non permette l’aggregazione dei danneggiati come avviene nel mondo anglosassone. L’avvio di una procedura formale in Gran Bretagna potrebbe arrivare nel week-end. Ieri gli uffici legali delle due parti si sono mossi in maniera informale per capire le reali intenzioni delle banche e delle società di gestione della City. Bisogna poi considerare l’incognita degli Usa dove le class action sono all’ordine del giorno. Con la diffusione del “virus” che ha bloccato la piattaforma Rim anche in territorio americano è possibile che si decida di procedere anche lì. Il blocco è un bel guaio anche per gli operatori telefonici che in tutto il mondo stanno inviando messaggi di scuse ai propri clienti. Per loro non c’è solo il danno di immagine ma anche quello dei ricavi. Il traffico a singhiozzo che dura da tre giorni comincia ad avere il suo peso. E anche loro potrebbero mettersi in fila per chiedere i danni. Ieri due operatori degli Emirati Arabi, Emirates Telecommunications e Emirates Integrated Telecommunications, hanno promesso ai propri clienti che saranno compensati per le perdite. Etisalata ha fatto sapere di considerare seriamente questa opzione come anche alcuni operatori inglesi.

Il problema è sorto nel data center a Slough, fuori Londra, per poi allargarsi nell’infrastruttura della società canadese muovendosi quasi come un virus anche se è stato per ora escluso un attacco di hacker.
La Rim ha fatto sapere di stare lavorando giorno e notte per ripristinare il normale funzionamento dell’infrastruttura. Ma per adesso la situazione sembra segnata dal caos e non ci sono previsioni sulle tempistiche necessarie per tornare alla normalità.
Rim che ha lanciato di recente il suo cavallo di battaglia, il nuovo Bold, rischia di pagare caro l’incidente.
(Corriere della Sera)

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