Nell’accedere ai portali dei maggiori siti d’informazione italiani qualcosa è cambiato. Infatti, per continuare a leggere gratuitamente le notizie viene chiesto al lettore il consenso a tutti i cookie presenti. In altri termini se vuoi leggere senza pagare devi farti schedare. E il consenso concerne anche la facoltà per le imprese editoriali di fornire i dati acquisiti a soggetti terzi.
Tecnicamente questa procedura si chiama cookie wall e sembra essere l’ultima frontiera dell’editoria italiana per affrontare il drammatico calo dei ricavi. Il garante per la protezione dei dati personali ha aperto un’istruttoria per verificare la liceità di queste iniziative. In realtà, il passaggio ad un sistema molto autoreferenziale come quello del GDPR lascia ipotizzare che anche se ci sarà un po’ di fumo alla fine basterà cambiare i regolamenti interni e, al massimo, delegare a soggetti un po’ più spregiudicati la commercializzazione dei dati. D’altronde, il registro delle opposizioni sta avendo un insuccesso che passerà alla storia, testimoniato dall’incredibile incremento delle telefonate che tutti ricevono da presunti operatori. Ma il punto non è questo; il punto è il modello di business.
L’informazione, i dati sono inequivocabilmente la miniera del mercato digitale. Ma è un mercato che premia solo i grandi player e lascia agli altri qualche mancetta, quando la lascia. La decisione degli editori di cercare uno spazio in questo pseudo mercato lascia perplessi e potrebbe produrre effetti analoghi a quella della tendenza di pochi anni fa di inneggiare all’informazione gratuita. Errore che ha prodotto effetti devastanti sull’intero sistema.