Non si possono imporre filtri al web per impedire agli utenti di scaricare file pirata, perché questa pratica è contraria al diritto comunitario. L’ha stabilito ieri la Corte di giustizia europea, con una sentenza che gli esperti definiscono “storica”.
La Corte si è pronunciata su un caso che contrapponeva il provider belga Scarlet e la Sabam (la Siae belga). La Sabam aveva ottenuto da un giudice che il provider impedisse di usare programmi peer-to-peer per scaricare opere protette. La Scarlet si è rivolta però alla Corte d’appello di Bruxelles, che ha poi portato il caso alla Corte di giustizia. Di qui la sentenza, che ora peserà non solo sul caso Scarlet ma in tutta l’Europa: «Il diritto dell’Unione vieta che sia rivolta a un fornitore di accesso ad Internet un’ingiunzione per predisporre un sistema di filtraggio di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, applicabile indistintamente a tutta la sua clientela, a titolo preventivo, a sue spese esclusive e senza limiti nel tempo».
Il motivo è che quest’ingiunzione violerebbe il diritto dei provider a non farsi sceriffi del web e a non sorvegliarlo a caccia di reati. Ma violerebbe anche «la libertà d’impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni, dall’altro». Sarebbe insomma il classico caso in cui in nome del copyright si vorrebbero fare storture ai danni di altri diritti.
Quelli del cittadino, soprattutto. Ma anche dei provider, che per rispettare l’ingiunzione sarebbero costretti a adottare un costoso sistema di filtraggio. Per l’industria del copyright diventa, dunque, impossibile, anche su richiesta di un giudice, ottenere i nomi di chi scarica file pirata. « E’ quello che Fapav (Federazione Anti-Pirateria Audiovisiva) aveva tentato di fare in Italia», spiega Fulvio Sarzana, avvocato, leader del movimento “Sito non raggiungibile”. «La sentenza avrà un impatto enorme sulla tutela del diritto d’autore online, in Europa», conferma Innocenzo Genna, esperto di policy comunitarie in ambito informatico. «Bloccherà tutte le misure anti pirateria che poggiano su tecnologie di filtraggio, in Italia, Irlanda, Regno Unito e altri Paesi. A rischio adesso anche l’Hadopi francese», continua. Per Enzo Mazza, invece, presidente di Fimi (Federazione dell’industria musicale italiana) «la sentenza impedisce solo il filtraggio preventivo e quindi autorizza a bloccare specifiche attività illegali su Internet». Sulla stessa linea Marco Polillo, presidente di Confindustria Cultura, secondo il quale «la sentenza conferma in maniera chiarissima che, ai fini del contrasto della pirateria online, l’Autorità Giudiziaria e gli Organi amministrativi di vigilanza, dopo aver accertato gli illeciti, possono ordinare provvedimenti di inibizione all’accesso attraverso il coinvolgimento degli intermediari».
Giuseppe Liucci
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