In Francia il termine ormai in voga hashtag avrà una traduzione ufficiale. Come da legge e tradizione, risalente ai tempi di Pompidou negli anni Sessanta, alla mitica legge Toubon e incarnata dalla serissima Délégation générale à la langue française di più recente creazione, anche Twitter è stato francesizzato. Pubblicando con tutti i crismi sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Francese, il Ministero della Cultura ha così precisato quali sono i termini più corretti coi quali identificare gli strumenti dei social network. Di che stupirsi? In fondo, è pur sempre il paese dove il computer è chiamato ordinateur personnel, il software Logiciel; la nazione che con orgoglio può dire di aver avuto la sua Rete prima del World Wide Web, con il leggendario Minitel. Il paese che ancora oggi dà del filo da torcere a Google.
Così, è stato tradotto quel termine che tutti abbiamo imparato ad utilizzare senza neppure immaginare come dirlo altrimenti (gli italiani, peraltro, sono famosi per il peccato contrario allo sciovinismo francese, adottando con estrema facilità ogni forestierismo), allegando una complicata spiegazione:
Mot-dièse: seguito significativo di caratteri senza spazio che comincia con il segno # (diese), che segnala un tema di interesse ed è inserito in un messaggio dal suo redattore per facilitarne l’individuazione. Cliccando sul Mot-dièse, il lettore ha accesso all’insieme dei messaggi che lo contengono. L’uso del Mot-dièse è particolarmente diffuso nei social network che funzionano con micro messaggi. Plurale: mots-dièse. Equivalente straniero: hashtag.
Dove poteva scatenarsi l’ironia sullo zelo linguistico d’oltralpe? Naturalmente sullo stesso sito appena “francesizzato”, Twitter, dove con vertiginoso gioco di specchi è trend topic l’hashtag #motdiese. E chissà che non abbia ragione questa giovane ragazza francese, che fa notare come tradurre un termine inglese con un termine francese ancora meno comprensibile non abbia molto senso.