Meno anarchia e più precisione, così comincia la nuova stagione di Twitter, che per aggiornarsi e proporsi come social network sempre più professionale ha deciso di riscrivere alcuni passaggi del proprio regolamento. Tra questi, quello che definisce la ‘proprietà’ dei messaggi. Il micro-blog, al punto 5 dei termini del servizio, ribadisce la propria libertà di utilizzo dei tweet scritti dagli utenti.
La questione è delicata e la prolissità con cui il fondatore Jack Dorsey spiega le nuove norme è eloquente: serve più ordine per rendere Twitter profittevole: “Twitter dispone di un insieme di regole in continuo aggiornamento che definiscono il modo in cui l’ecosistema dei propri partner possa interagire con i contenuti dell’utente. Ciò che è dell’utente resta dell’utente”, dicono dalla compagnia, ma in sostanza nessun ‘proprietario’ può bloccare l’uso dei tweet da parte del social network, anche per scopi commerciali.
I messaggi diventano sempre più crogiolo di informazioni (ri)vendibili, tanto che Twitter sta progettando un archivio storico ti tutto il twittato, così da definire meglio trend e argomenti più dibattuti (e, ancora, monetizzare queste ricerche). Il problema della proprietà e del riutilizzo dei contenuti è già stato affrontato da Facebook e YouTube: la net economy nasce come divertimento, cresce diventando un fenomeno e finisce per divenire un’impresa adulta. Poi, o arrivano introiti veri, oppure ci si spegne. E’ il mercato (web), bellezza.
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