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Tv locali. Siamo vicini al tracollo del sistema

Il 90% delle televisioni locali italiane ricorre alla cassa integrazione o ha fatto domanda per aprirne la procedura. Più della metà dei lavoratori è coinvolta e molti di loro hanno difficoltà a ricollocarsi, con la probabile conseguenza del collasso di un intero settore. È la fotografia della crisi dell’emittenza televisiva locale. Il ruolo dell’informazione locale, inteso come pluralismo e palestra per giovani professionisti, sta traballando. Per questo motivo, la questione delle tv locali è considerata la grande occasione mancata del nostro Paese.
Come prevedibile il crollo degli introiti pubblicitari, circa il 40% in meno negli ultimi 5 anni, è la lunga coda della crisi generale che ha investito l’economia nel 2008.  Ma le televisioni locali hanno subìto la stangata peggiore. Si tratta, infatti, di reti che vivono di pubblicità dei punti vendita: gli stessi che sono costretti a tirare giù le serrande. Non c’è da stupirsi, dunque, se gli incassi sono diminuiti verticalmente. Anche le televendite, bacino di risorse indispensabile per questi canali, sono collassate. Complice, in questo caso, la riconversione al digitale, che ha fatto slittare di parecchi canali i programmi televisivi delle reti locali, penalizzandone l’accessibilità durante lo zapping. Con il passaggio dall’analogico al digitale, inoltre, le emittenti si sono trovate a gestire più programmi, andando, di fatto, in cortocircuito di contenuti. L’ultima notizia negativa arriva dalla Campania. ”La lettera di licenziamento ricevuta dai tre colleghi di Irpinia tv è l’ennesimo colpo inferto alla categoria dei giornalisti in Campania”. Lo afferma in una nota Alessandro Sansoni, Segretario Generale Movimento Unitario Giornalisti. ”La crisi del settore ha assunto ormai una tale connotazione da imporre la necessita’ di non limitarsi piu’ alla semplice solidarieta’ a favore dei colleghi licenziati o alla battaglia sul singolo caso. Chiediamo pertanto l’apertura di una ‘vertenza informazione’ su base regionale che veda coinvolti ad un tavolo di lavoro tutti gli attori in campo: gli editori, l’ordine, le organizzazioni dei giornalisti e, soprattutto, la Regione Campania che, ad oggi, non ha ancora una legge a favore della piccola editoria”, prosegue Sansoni.
Ma se la pubblicità territoriale da sola non basta, occorrono altre soluzioni. Innanzitutto si potrebbero raggruppare i dati d’ascolto delle televisioni locali, per attirare anche gli inserzionisti nazionali. L’obiettivo, in questo senso, è muoversi nell’immenso labirinto di dati e informazioni che riguardano questo tipo di emittenza, troppo spesso rilevati in modo parziale e nebuloso. Altra soluzione potrebbero essere i consorzi fra emittenti. E’ necessaria una sterzata. Chissà che Renzi non tiri fuori il coniglio dal cilindro…

 

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