Tirano venti di crisi anche sulle tv e sulle radio locali piemontesi: il passaggio al digitale terrestre, complicato in tutta Italia, ma soprattutto in Piemonte dove è stato spezzato in due tempi, fra Torino e Provincia prima, poi il resto della regione. A lanciare l’allarme la capogruppo della Federazione della Sinistra Eleonora Artesio e Igor Boni, presidente dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta. «Il passaggio come è stato fatto ha costretto le aziende a ingenti investimenti per adeguare gli apparati e che ha generato problemi con la sintonizzazione e numerazione dei canali, e la crisi economica che ha ridotto fortissimamente gli investimenti pubblicitari».
In più denuncia ancora Boni, da una parte è continuamente diminuito il finanziamento regionale all’emittenza locali (secondo gli editori circa del 30% dal 2008) e non è stata applicata né la legge regionale del 2009 sugl interventi di sostegno al settore dell’informazione e della comunicazione istituzionale, né la disposizione di destinare 15% dei fondi spesi in pubblicità sui mezzi di comunicazione di massa. In ballo da una parte il pluralismo dell’informazione, spiega Boni, dall’altra centinaia di posti di lavoro, fra tecnici, giornalisti, addetti e lavoratori dell’indotto.
La vicenda, però, come ricorda Eleonora Artesio, si incrocia drammaticamente con la situazione dei lavoratori precari, in modo particolare giornalisti. Nei mesi scorsi, insieme ad altri, Artesio ha presentato una mozione per chiedere alla giunta, insieme, ad altre misure, un impegno: “per contrastare le condizioni di sfruttamento dei giornalisti precari ed i livelli inaccettabili delle loro retribuzioni” anche in considerazione dell’approvazione, avvenuta nel 2011, della Carta di Firenze, che sancisce il diritto dei giornalisti ad una retribuzione adeguata e alla legge sull’equo compenso che è in discussione al Senato dopo essere stata approvata alla Camera.
Quando di parla di contributi, spiega la capogruppo della Federazione della Sinistra in Consiglio regionale: «si possono trovare all’interno di misure generali di sostegno alle imprese, e considerare le conseguenze sugli aspetti occupazionali e premiare le aziende che sono più impegnate nella stabilizzazione delle persone che ci lavorano”. Spesso in questo tipo di ragionamenti – spiega ancora Artesio – sono usati più criteri ragionieristici che sociali. La questione era quella di introdurre nelle misure di sostegno alle attività provate per il quale si consideri qual è il livello occupazionale. Con quella mozione volevamo avere una capacità di conoscenza della questione e di riuscire a monitorarla. Il passo successivo è considerare le conseguenze sugli aspetti occupazionali e premiare chi si impegna maggiormente alla stabilizzazione dei lavoratori». In Piemonte, ricordano Artesio e Boni: «Il settore radio-televisivo locale impiega circa mille persone, cento delle quali giornalisti, ed è vitale per la diffusione delle informazioni locali a tutte la popolazione».
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