Vendita Timedia: sia attende un compratore; ma le trattative sono ancora indefinite. La Rai attende un nuovo Contratto di servizio che la traghetterà fino al 2015. E in quell’anno il governo potrebbe anche togliere l’esclusiva del servizio pubblico all’azienda di Viale Mazzini. Carlo Rognoni, rappresentante Pd per la riforma del sistema radiotelevisivo, avverte: «Serve una nuova idea di servizio pubblico. Bisogna adeguarsi alle innovazioni tecnologiche. La sfida del futuro sarà multimediale: servono contenuti attraenti e usufruibili su ogni piattaforma. E poi bisogna trovare un modo per ricuperare l’evasione del canone. È da qui che dovrà ripartire il nuovo Contratto di servizio».
Il modello televisivo è in continua metamorfosi. Non tanto per i contenuti, che per ragioni di costi vengono spesso riciclati, ma per gli “asset” societari e mediali che lo sostengono.
Attendendo la gara per le frequenze per il dividendo digitale che, stando alle ultime novità, metterebbe in palio 3 multiplex, i quali dovrebbero, in teoria dare spazio a nuovi entranti, la “vecchia” tv è in evoluzione.
Telecom Italia ha deciso de vendere la sua controllata (al 77,7%) Timedia, che a sua volta possiede La7, il 51% di Mtv e 3 mux nazionali. Ma dopo quasi dieci mesi, la cessione non si è concretizzata. È dallo scorso maggio che il cda di Telecom ha dato il via libera alla vendita. E all’inizio i pretendenti erano una quindicina. Ma alla fine le offerte vincolanti che hanno “resistito” sono due: Urbano Cairo, che con la sua omonima società è il concessionario della pubblicità del gruppo Timedia, e il fondo Clessidra, una società d’affari gestita da Claudio Sposito e Marco Bassetti (entrambi ex manager vicini a Mediaset).
Cairo offrirebbe 100 milioni, ma solo per le tv (La7 ed Mtv). Clessidra pagherebbe 330-350 milioni per tutto il gruppo. Ma in realtà le trattative sono molto più complesse e “traboccanti” di pre-condizioni. Ad esempio Cairo vorrebbe una sorta di prestito per rilevare gratuitamente La7. Clessidra avrebbe da ridire con il contratto pubblicitario con Cairo e sulla quantità di dipendenti da mantenere.
Inoltre si parla anche di un interessamento di Francesco Di Stefano, editore di Europa 7, e di una cordata di imprenditori capitanata da Diego Della Valle. Ma sono solo indiscrezioni.
Poi, c’è da precisare che le offerte per Timedia “spaccano” il cda di Telecom. Franco Bernabé, presidente esecutivo della società di telecomunicazioni, non vuole svendere; i soci (si parla di quelli di Mediobanca, Intesa e Generali) non vedono l’ora di sbarazzarsi una società in perdita. In effetti Timedia ha un debito totale di circa 260 milioni di euro, di cui 100 accumulato solo nel 2012. E per il 2013 è possibile che Telecom (già di per sé gravata da 28 miliardi di debito) debba ricapitalizzare la sua controllata.
Dunque per ora, la vendita di Timedia è ancora in alto mare. Il prossima cda Telecom è previsto per il 18 febbraio. Ma anche per quella data le possibilità di concludere l’affare sono scarse.
Ma passiamo ora alla Rai. Il servizio pubblico ha, ormai, cambiato gestione. E a tenere le redini del “cavallo morente” di Viale Mazzini sono il dg, Luigi Gubitosi, e il presidente, Anna Maria Tarantola. Entrambi sono stati “nominati” da Mario Monti.
E in effetti negli ultimi mesi sono cambiate molte cose in Rai: Gubitosi ha rivoluzionato la gestione della Sipra, la concessionaria della pubblicità; sono cambiate le direzioni delle tre reti principali, nonché quelle di testate leader comeTg1 e Rai News; inoltre è “in cantiere” un piano di riduzione dei costi che consiste in un ricambio generazionale; inoltre sta avanzando, seppur a fatica, la digitalizzazione dei contenuti (vedi il Tg2).
Ma non bisogna dimenticare che la Rai opera grazie ad una concessione governativa. In altre parole lo Stato dà all’azienda di Viale Mazzini l’onere e l’onore di fare servizio pubblico. E lo fa con un vero e proprio contratto. Il quale è denominato (appunto) Contratto di servizio. E scade ogni tre anni. E proprio nel 2013 è scaduto quello relativo al triennio precedente. E il prossimo traghetterà la Rai verso il 2015. L’anno in cui scade anche l’esclusiva che lo Stato offre alla Rai per il servizio pubblico. In altre parole nel 2015 il governo potrebbe anche decidere di “spezzettare” gli obblighi del tv di Stato a più emittenti, anche private, cioè non aiutate dal canone. E non si tratta di una idea peregrina. Infatti la legge Gasparri del 2004 prevede anche la privatizzazione del servizio pubblico.
Per Carlo Rognoni, rappresentante del Pd per la riforma del sistema radiotelevisivo, nonché ex consigliere Rai dal 2005 al 2009, l’emittente di Viale Mazzini deve sfruttare al meglio i prossimi anni per ripensarsi a tutto tondo: «Serve una nuova idea di servizio pubblico. Bisogna adeguarsi alle innovazioni tecnologiche e alle richieste di pluralismo e trasparenza dell’Unione europea». Per Rognoni è necessario identificare una nuova missione. «Nel triennio precedente lo scopo è stato l’adeguamento al digitale. Ma ora c’è la nuova sfida di Internet. La sfida del futuro sarà multimediale: servono contenuti attraenti e usufruibili su ogni piattaforma. E poi bisogna trovare un modo per ricuperare l’evasione del canone. È da qui che dovrà ripartire il nuovo Contratto di servizio».Vedremo.
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