In Turchia è stato emendato l’articolo 301 del Codice Penale. Tale articolo era in contrasto con le direttive dell’Unione Europea relative alla libertà d’espressione, in quanto prevedeva, fino a tre anni di detenzione, per tutti i giornalisti rei di insultare la cultura turca. Proprio questo articolo ha ispirato l’omicidio di Hrank Dink (19 gennaio 2007), più volte processato per aver parlato del massacro degli armeni perpetrato da Ankara come di un “genocidio”, termine che evidentemente urta la suscettibilità turca. Non solo, è anche alla base dell’erresto di centinaia di scrittori, tra cui il Premio Nobel per la Letteratura Orhan Pamuk.
Le modifiche approvate al suddetto articolo prevedono una diruzione degli anni di detenzione a due e, inoltre, la depenalizzazione del reato di insulto alla cultura turca (anche se continua ad essere considerarto un reato schernire la nazione).
L’UE ha accolto tiepidamente questa modifica dai contorni troppo fumosi, che preserva altre leggi-museruola e non assicura alcuna garanzia né agli scrittori e né agli editori. Ma la mossa è anche politica perché l’informazione viene usata come moneta di scambio nel processo di avvicinamento della Turchia agli Stati Membri. Una mossa volta soprattutto a sbloccare le negoziazioni stagnanti per la costruzione di un gasdotto che dovrebbe consentire all’Europa di emanciparsi dal gas russo e alla Turchia di entrare, di diritto, nella sfera d’interesse dell’UE.
Fabiana Cammarano
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