È bastato che parlasse Donald Trump per capire le ragioni dietro la clamorosa lettera di Mark Zuckerberg in cui denunciava la “censura” e le pressioni della Casa Bianca per limitare e cancellare contenuti su Meta non solo relativi al Covid ma anche a satira e ironia contro rappresentanti democratici. Altro che amore della libertà, il capo di Meta voleva soltanto ricollocarsi temendo che Kamala Harris non riuscirà a vincere la corsa alla presidenza Usa. Del resto Zuckerberg, come Jack Dorsay paraguru di Twitter prima che l’acquistasse Musk, aveva cancellato l’account Facebook di Trump, allora presidente uscente e candidato alla rielezione creando un vulnus non da poco nel dibattito democratico americano. Una ferita da cui l’America fatica a riprendersi, che ha esarcebato gli animi fino all’attentato patito proprio da Trump in Pennsylvaina.
Donald però non dimentica e anzi “minaccia” Zuckerberg: “Veniva alla Casa Bianca per vedermi, portava la moglie alle cene, era tutto simpatico mentre complottava per installare i vergognosi lock box, in un vero complotto contro il presidente. Mi diceva che non c’era nessuno come Trump su Facebook – ha scritto ancora in un libro il tycoon- ma allo stesso tempo, non si sa per quale ragione, lo usava contro di me. Ora lo stiamo osservando attentamente – ha concluso – e se fa qualcosa di illegale questa volta, passerà il resto della vita in prigione, e così gli altri che imbroglieranno nelle elezioni presidenziali 2024”.
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