TRIBUNALE AFFERMA PRINCIPIO DELL’ANONIMATO PROTETTO SU INTERNET: ASSOLTO VENDITORE DI FILE CONTRAFFATTI SU E-BAY

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Era accusato di aver messo in vendita, nel gennaio 2005, un cd-rom con “plurimi software per Nokia 6600″ sul sito di aste eBay. Il giudice monocratico della X sezione del tribunale di Roma, Valeria Ciampelli, ha assolto l’imputato “per non aver commesso il fatto”, in base al secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale. Nelle motivazioni della decisione si spiega: “Il giudice ha ritenuto che la penale responsabilità dell’imputato, in ordine alla riconducibilità al medesimo della condotta criminosa, non sia stata sufficientemente provata. Si assume che l’offerta in vendita di prodotti sul sito eBay possa essere richiesta da chiunque, anche con false generalità non essendo necessaria la compiuta identificazione del richiedente”.
L’offerta di un cd con software e suonerie era stato pubblicato su eBay da ‘maximil96′. I guai sono arrivati dopo un controllo della Guardia di finanza sul popolare sito delle aste on-line. I difensori dell’imputato, gli avvocati Fulvio Sarzana e Nicola Capozzoli, hanno detto: “E’ stato riaffermato il principio che non è consentito a nessuno desumere sic et simpliciter, che da una detenzione personale di opere protette dal diritto d’autore derivi uno scopo ulteriore di lucro o di profitto”. L’avvocato Sarzana ha poi aggiunto: “Il tribunale ha stabilito di fatto il principio dell’anonimato protetto su internet: ognuno può agire sulla rete utilizzando anche uno pseudonimo e per poter essere condannati occorre che vi sia una rigorosa prova dell’identità tra chi vende su eBay e chi si assume essere il destinatario del profitto”.
Il giudice rileva, inoltre, come non si sia potuto affermare che è stato lui ad inoltrare la richiesta via web: “E’ ben vero che a casa sua furono rinvenuti vari cd, tra i quali uno contenente alcuni software (in numero imprecisato) per cellulari Nokia. Trattasi tuttavia di un indizio, da solo non sufficiente a fondare un giudizio di colpevolezza, non potendo escludersi l’appartenenza del detto cd ad altro familiare convivente, ovvero la detenzione a fini di uso personale”. In sentenza si spiega poi come sia mancato l’accertamento sulle modalità con le quali si richiedeva l’accredito del denaro a fronte della cessione del software, “elemento non verificato, seppur di facile accertamento all’epoca dell’indagine”.
L’imputato rischiava fino a tre anni di reclusione, per la riproduzione illecita di programmi per elaboratore.

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