Tra Grillo ed i giornalisti è guerra aperta. Le dichiarazioni del comico genovese non lasciano spazio ad alcun dubbio. Le accuse del leader del Movimento Cinque Stelle si muovono su piani diversi: i giornali e le televisioni succhiano soldi ai contribuenti; curano interessi diversi da quelli del Paese; sono al servizio dei potentati economici e politici; mancano di coerenza; sono lontani dalla realtà dei cittadini. Come la maggior parte delle dichiarazioni di Grillo dietro ogni affermazione ci sono delle mezze verità: sono le consuete dichiarazioni dell’uomo qualunque tipo “piove governo ladro” o “stavamo meglio quando stavamo peggio”. Ma oggi che il movimento ha assunto un’importante rappresentanza istituzionale sarebbe opportuno che sui singoli temi cavalcati con virulenza dai grillini si iniziasse un serio confronto nel merito, andando oltre gli slogan. Il modello giornalistico italiano va rivisto perché non regge più; ma il vero problema è un mercato, o meglio una domanda, che richiede di abbandonare i vecchi schemi non solo in termini di gestione dell’informazione ma anche di relazioni sindacali. E’ tutto vecchio, come vecchi, vecchissimi sono i reportage in cui si prende un avversario, Grillo per esempio, e lo si massacra scrivendo che ha società in Costarica con la sorella e l’autista. Il comico genovese è un uomo ricco e l’ha sempre detto; ed è libero di fare società dove vuole e con chi vuole. Se l’informazione gioca sul campo del populismo è destinata a perdere, soprattutto in un momento come questo. E’ necessario cercare il confronto sui contenuti e non alzare l’ennesimo muro contro muro basato su scandali e gratuite accuse. Grillo ha convinto un quarto degli elettori di questo Paese a votare per un movimento e per un progetto politico che prevede la distruzione della politica. E la democrazia ed il pluralismo in Italia hanno consentito ad un “non partito contro” di avere un’importante rappresentanza parlamentare. Forse la maggiore preoccupazione dell’informazione italiana dovrebbe essere concentrata sul consentire in futuro che questo sia ancora possibile ad altri. Perché lo tsunami politico rischia di far regredire la democrazia se manca un vero confronto. Sugli slogan vincerà sempre chi grida più forte. Ma chi usa questi metodi tenderà a non fa parlare gli altri. Lezione di storia.
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