Il Time “premia” i giornalisti in pericolo eleggendoli, dando loro il volto del saudita Khashoggi, “persone dell’anno”.
Per la prestigiosa rivista americana, i giornalisti sono i “guardiani” che combattono (in prima linea) sulla trincea della guerra per la verità. Spesso, pagando in prima persona il loro impegno. Altrettanto spesso, in condizioni precarie e non solo economiche.
Il Time li riassume tutti nei ritratti di Wa Lone e Kyaw Soe Oo, reporter della Reuters arrestati in Myanmar e nel gruppo che fa capo a Maria Bessa, giornalista filippina che, alla guida del gruppo Rappler, conduce l’opposizione al presidente Rodrigo Duterte. E, su tutti, Jamal Khashoggi, il giornalista saudita trucidato a Instabul nelle scorse settimane e al centro di un caso diplomatico internazionale che ha fatto fibrillare – ancora una volta – i già fragili equilibri del Medio Oriente.
Ciò a sottolineare come il ruolo della stampa, dei giornali e dei giornalisti sia cruciale all’interno di una democrazia. E quanta importanza sociale abbia il lavoro di chi, ogni giorno, informa l’opinione pubblica tenendola aggiornata sulla realtà. Un ruolo fondamentale, tanto da essere sotto attacco ovunque.
La libertà di stampa è parente più prossima di quella d’espressione e il pluralismo delle idee è la conditio sine qua non di una democrazia matura, che sappia funzionare e abbia sufficiente autorevolezza. Un fatto, questo, di cui tanti si scordano. Forse per pigrizia, qualcuno per luogo comune, qualcun altro magari per calcolo: ma senza la stampa e senza libertà non c’è democrazia. Tertium non datur.