La storia andava raccontata. Ma le immagine violavano la privacy del bambino. Altra grana per i nuovi dirigenti Rai.
Le cronache ci raccontano di Anna Maria Tarantola che per le sue brevi vacanze ha messo nel bagaglio diversi dossier sulla Rai, azienda della quale recentemente si è trovata ad essere presidente. Dossier scritti a mano “con minuta e ordinata grafia”, si legge nella cronaca. Tra i dossier, quello sull’immagine femminile così come è trattata dal servizio pubblico. Non mancherà il materiale al presidente Rai, non le mancheranno i riferimenti a discutibilissimi passaggi e a volgari e insistenti ammiccamenti. Agli appunti della Tarantola, qui ne vogliamo aggiungere uno fresco fresco, sicuri che Anna Maria Tarantola si occuperà anche di questo. Lo spunto ci viene dal Tg3 delle 19 di sabato 11 agosto.
La Tarantola sicuramente sa – ancor prima di divenire presidente del servizio pubblico radiotelevisivo – che c’è una Carta di Treviso e che c’è un’ampia normativa sulla privacy. La Carta di Treviso, firmata nell’ormai lontano 1990 è interamente pensato per il delicatissimo rapporto tra infanzia e informazione, con paletti giustamente rigorosi a tutela dell’identità e della personalità dei bambini. In un passo, fra l’altro, si legge: «Nei casi di malati, svantaggiati o in difficoltà, occorre porre particolare attenzione nella diffusione delle immagini e nella narrazione delle vicende…».
Chi lavora in televisione, per rispettare queste norme, sa bene quante difficoltà e cautele si devono prendere in fase di ripresa e di montaggio dei servizi per non mostrare volto e identità del bambino. Ebbene, cautele spazzate via, in un solo momento, e senza dubbi, dal servizio del Tg3. Si parlava di Daniele, un bambino di Matera che combatte una rara malattia che si spera possa avere una qualche chance nelle staminali. Dopo diversi tentativi, la famiglia voleva affidarsi ad un nuovo protocollo degli ospedali civili di Brescia, ma c’é stato l’intervento del magistrato che non ha ritenuto sufficienti le garanzie della nuova sperimentazione. E la famiglia si è rivolta al Tar.
Insomma, una storia drammatica, che meritava d’essere conosciuta, anche per far crescere l’attenzione sulla ricerca nel campo delle staminali. Ma lo smarrimento è stato dover vedere per l’intera durata del servizio il viso fortemente sofferente e il corpo segnato dalla crudeltà della malattia di Daniele. Daniele sempre in primo piano e sempre scoperto in viso, senza che questo aggiungesse niente al racconto che pure poteva essere fatto, ma assicurando al piccolo pietà e diritti, una tutela che peraltro ci viene chiesta da precise norme che non vanno violate. E poi, come se non bastasse, l’intervista al nonno di Daniele, con nome e cognome in sovraimpressione, per farci risalire all’identità di Daniele, quando ben si poteva presentarlo solo come nonno di Daniele. Quanti errori in una pagina, quante distrazioni e quante leggerezze.
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