La tassa di concessione governativa sulla telefonia mobile frena la diffusione dei servizi digitali. Per questo gli operatori mobili ne chiedono l’abolizione gia’ con la prossima legge Finanziaria.
Introdotta nel 1991 dall’allora ministro delle Finanze Rino Formica, la tassa per chi ha sottoscritto un abbonamento per il cellulare pesa 5,12 euro a bolletta per i contratti consumer e 12,81 per quelli business.
”Chi possiede l’abbonamento utilizza molto di piu’ i nuovi servizi digitali di quanti sottoscrivono carte prepagate – sostiene Pietro Guindani, presidente di Vodafone Italia . Ed e’ proprio la tassa di concessione che in moltissimi casi e’ di ostacolo al passaggio dalla prepagata all’abbonamento”. Intanto 3 Italia ha pensato di giocare di anticipo, come si legge in una nota dell’azienda. ”Abbiamo eliminato la tassa in molte delle nostre offerte compensandone l’importo a beneficio dell’utente”.
Per Wind ”l’eliminazione del balzello garantirebbe un principio di equita’ verso tutto gli utenti mobili, abbonati (che la devono pagare) e possessori di carte prepagate (che non la pagano)”, dice Maximo Ibarra, direttore marketing e costumer management area mobile di Wind. Raccoglie l’input dei carrier Benedetto Della Vedova, deputato Pdl che si impegna a presentare un emendamento nella manovra finanziaria per dimezzare il balzello. ”E’ una tassa che non ha piu’ senso, quando fu introdotta il telefonino era un lusso – puntualizza il deputato -. Oggi, invece, frena i consumi dei contenuti multimediali. Cosa impensabile con i nuovi telefonini orientati ad affiancare al traffico voce e dati anche l’uso della banda larga mobile”. Ma l’abolizione della tassa inciderebbe sui conti dello Stato. ”Ecco perche’ penso di proporre un’operazione graduale. Ho visto che il sottosegretario alle Comunicazioni, Paolo Romani e’ molto sensibile alla questione”, conclude Della Vedova.