Telecom, pronti alla golden share ma la maggioranza è divisa

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TelecomLa legge c’era, il governo Letta si è «dimenticato» di renderla operativa con il necessario regolamento attuativo e ora, per proteggere gli interessi strategici presenti in Telecom, il presidente del Consiglio ha deciso di correre ai ripari, di tamponare l’emergenza con un provvedimento, non imminente, che però ha contorni ancora indefiniti. Soprattutto perché, dentro la maggioranza, non esiste un indirizzo univoco sul bene da preservare: i presunti rischi alla sicurezza nazionale (ieri denunciati con pathos da tutti, persino da alcuni ministri), o invece la tutela degli urgenti investimenti sulla deficitaria banda larga? In altre parole, già in queste ore nella maggioranza si è aperta una discussione sotto traccia se togliere agli spagnoli di Telefonica – interessati in primis al business del telefonino – il controllo totale della rete (che necessita investimenti corposi) o soltanto il monopolio del circuito delle comunicazioni più sensibili. Per tutta la giornata di ieri Enrico Letta ha potuto dedicarsi al dossier Telecom soltanto nei ritagli di tempo, perché il presidente del Consiglio è stato impegnato a New York in una giornata intensa, che ha finito per ricalcare quella programmata un anno orsono da Mario Monti. E proprio il governo Monti aveva approvato la legge-quadro sulla golden share che in linea teorica avrebbe consentito all’attuale governo di realizzare un Dpr in grado, per esempio, di arrivare allo scorporo della rete che nella giornata di ieri è improvvisamente assurta a questione strategica di primo livello. In tanti hanno invocato interventi urto, rendendo di nuovo attuale una questione per la prima volta fu oggetto di un pubblico dibattito, quando fu reso noto un progetto informale, preparato da Angelo Rovati, consigliere di Romano Prodi e che appunto prevedeva lo scorporo dal servizio telefonico della rete, per salvaguardare gli interessi strategici. In quella occasione il centrodestra si scagliò contro Prodi e la questione – scambiata come l’eterno ritorno delle partecipazioni statali – fu accantonata e mai più risollevata, né a sinistra né a destra. A farla tornare in campo ha contribuito, due anni fa, la Commissione europea che nel novembre 2011 minacciò la procedura di infrazione se l’Italia non si fosse messa in regola con le normative comunitarie che contrastano il potere di veto degli Stati sulla acquisizione di quote rilevanti di società partecipate. Il governo Monti approvò, nel marzo 2012 una legge-quadro che rimandava a successivi Regolamenti la salvaguardia degli interessi strategici in aziende non dello Stato delle «nei settori della difesa, dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni». Regolamenti che, fatta eccezione per la difesa, il governo Letta non ha trovato il tempo di realizzare e Linda Lanzillotta, ex ministro del governo Prodi lo fa notare: «Non si capisce perchè il governo, con colpevole ritardo, abbia tenuto chiuso nel cassetto il regolamento sulla golden share». Ma per capire quale strada deciderà di prendere il governo, occorrerà attendere il rientro in Italia di Letta, anche perché non sono apparse del tutto lineari le posizioni espresse dal titolare del dossier, il viceministro Antonio Catricalà, che tre giorni fa, ad operazione-Telecom non ancora nota, aveva fatto dichiarazioni di chiusura («Un asset che sia sottoposto a un potere speciale inevitabilmente perde di contendibilità e quindi di valore») che ieri avevano cambiato tono. Ma come dice il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, gli accordi con Telefonica diventano operativi nel 2014 e dunque il governo «accelera» ma senza fretta. (la stampa)

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