Editoria

Taglio del canone, Cdr Rai insorgono contro il governo

Il governo taglia il canone Rai, insorgono i Cdr, i comitati di redazione, che adesso temono “effetti irreversibili” sulle casse, e sull’autonomia, di viale Mazzini. La polemica è servita. In manovra, il governo ha deciso di portare l’importo del canone dagli attuali 90 a settanta euro. Il pagamento avverrà tramite rate, scontate in bolletta, dall’importo di 15 euro e non più di venti come previsto fino a quest’anno. Si tratta di una decisione di compromesso. Il centrodestra, notoriamente, è contrario al pagamento e all’imposizione di un canone. E i suoi elettori sono affezionatissimi a questa “battaglia” politica che porta avanti fin dai tempi della primissima discesa in campo di Silvio Berlusconi all’inizio degli anni ’90.

La scelta del governo Meloni ha innescato un nuovo fronte di polemica interno a viale Mazzini. L’ennesimo. Adesso a insorgere è l’assemblea dei comitati di redazione delle testate Rai che nutre forti dubbi sulle scelte legate al canone. In un lungo documento, i giornalisti hanno espresso “grave preoccupazione per la decisione del governo di spostare un pezzo importante del canone dalla bolletta elettrica alla fiscalità generale e di tagliare 20 milioni di euro, equiparando la Rai a un qualsiasi ministero. Un’equiparazione grave – si legge nel documento, approvato dall’assemblea con un solo voto contrario – visto che i principi del contratto di servizio Rai richiamano all’autonomia e all’indipendenza dell’informazione”.

Venti milioni in meno pesano. Eccome. Per i Cdr Rai: “L’operazione varata dal governo sul canone, già il più basso d’Europa, rischia di avere effetti irreversibili, aprendo ulteriormente le porte alla diretta dipendenza della Rai dell’esecutivo di turno. In aperta violazione rispetto alla risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2021 che impone finanziamenti stabili, aperti, trasparenti, sostenibili e adeguati perché il servizio pubblico deve essere libero da ingerenze politiche interne ed esterne. Anno per anno, nella legge di bilancio, l’esecutivo potrebbe decidere di non finanziare la quota di canone inserita nella fiscalità generale oppure di ridurla. E così la Rai sarà perennemente sotto una spada di Damocle”.
Ma non è tutto: “Lo abbiamo sempre detto e lo ribadiamo: nessuno strumento è tabù ma il finanziamento della Rai Servizio Pubblico deve essere autonomo e indipendente da governi e partiti, e certo, congruo e di lunga durata. La nuova formulazione non rispetta nessuno di questi caratteri. Non solo, gli esempi di altri paesi europei come Paesi Bassi, Danimarca, Finlandia, Romania parlano chiaro: quando il canone è stato ridotto o cancellato, inserendo le risorse in fiscalità generale, sono seguiti licenziamenti e taglio della produzione”.

Ovvio corollario di parole tanto dure è la protesta: “Una Rai, libera e indipendente, è una risorsa per il Paese: indebolirla o renderla ancora più dipendente dai governo di turno è un danno per tutti i cittadini”. L’assemblea dei Cdr della Rai annuncia, “l’avvio di un percorso di mobilitazione a difesa dell’autonomia e indipendenza del servizio pubblico”.

Luca Esposito

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