Sarà un crescendo fino al 2022 quando, del fondo all’editoria, non rimarrà più nulla. Mentre in Belgio il governo aumenta i contributi ai giornali e in Canada, culla del liberalismo anglosassone, Trudeau stanzia 600 milioni di dollari per sostenere la stampa, il governo gialloverde pare aver trovato la quadra per “chiudere” l’erogazione nei confronti dei giornali.
Ad annunciare l’accordo tra Lega e M5S è stato lo stesso vicepremier grillino Luigi Di Maio che ha spiegato come funzionerà il cronoprogramma. Si parte con una riduzione del 25% per il 2019, a cui seguirà un ulteriore sforbiciata del 50% per il 2020 fino a concludersi, nel 2021 con l’ultimo taglio che taglierà il fondo del 75%. L’ultimo “quarto” verrà sbranato, portando a zero il contributo, nel 2022. Tutto cristallizzato in un emendamento che sarà proposto al Senato, così come aveva promesso il sottosegretario Vito Crimi che, all’indomani del ritiro del famigerato emendamento firmato dal pentastellato palermitano Varrica, aveva lasciato intendere che sarebbe tornato alla carica, con maggiore puntualità e precisione nonché equilibrio partitico, al Senato.
Secondo Di Maio sarà un’opportunità per il mercato che, così, non sarà più “drogato” dai contributi pubblici. Insomma, la posizione ultraliberale tanto rimproverata agli enti sovranazionali (leggi Unione Europea) verrà acriticamente applicata dalle due forze che, sugli altri settori, sono tanti avversi (almeno nei proclami) a questo genere di politiche economiche.
L’emendamento dovrebbe andare al vaglio del Senato già all’inizio della prossima settimana.