L’Ue prepara, con il Digital Services Act, una riassettata nell’ambito del “far west” digitale. La Commissione Ue ha messo sul piatto il progetto per cui le Over the Top devono iniziare ad allentare la presa sui dati, sulle profilazioni degli utenti e devono cominciare a limitare la raccolta sui minori. Avranno quattro mesi di tempo per mettersi in linea con le nuove disposizioni. Che prevedono, tra le altre cose, la stretta sulla profilazione, il divieto di utilizzare i dati sensibili degli utenti (sesso, orientamento politico, appartenenza religiosa, etnica) per pubblicità mirate, e obblighi di trasparenza.
Nel mirino della Commissione c’è il gotha del mondo digitale. Si parte da Google (con Search, Maps e Play), si prosegue con l’AppStore di Apple, Meta (con Facebook, Instagram e Youtube), il marketplace di Amazon, Microsoft (con Bing e LinkedIn), e poi ancora Twitter, le cinesi TikTok (di proprietà del colosso Bytedance) e AliExpress, Booking, Pinterest, Snapchat, Wikipedia e Zalando. Si tratta di piattaforme che dichiarano almeno 45 milioni di utenti al mese. Almeno, ovviamente. Una stima per difetto.
Ma la novità più importante è ancora un’altra. L’Ue, infatti, vuole vedere dentro gli algoritmi. Vuole fare chiarezza e, soprattutto, istituire un’agenzia che controlli il funzionamento delle “macchine” digitali per verificare il rispetto delle regole comunitarie in tema di digitale. In realtà, è già stata avviata. Si tratta del Centro europeo per la trasparenza algoritmica. Che, con il Digital Services Act, avrà materia su cui basare la sua attività di monitoraggio e controllo. L’Ue assicura di voler fare sul serio. Chi si adegua, ha spiegato il commissario Thierry Breton, potrà continuare a “lavorare” in Europa. Chi non lo fa, sarà accompagnato all’uscio. Meta è avvisata.
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