STRANO MA VERO, PER L’ON. LEVI, FISSARE UN TETTO AGLI SCONTI IMPEDIRÀ UN RIALZO DEI PREZZI DEI LIBRI

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A breve dovrebbe essere promulgata da Giorgio Napolitano, la legge che ingessa il prezzo dei libri e fissa un tetto massimo agli sconti praticabili da librai (non oltre il 15 per cento sul prezzo di copertina) e da editori (non oltre il 25 per le promozioni). Ma al Capo dello Stato, oggi, verranno consegnate anche le oltre mille firme raccolte dall’Istituto Bruno Leoni e dall’editore di Macerata Liberilibri contrari alla legge sul prezzo del libro. Mille firme raccolte in soli cinque giorni.
Intanto si allarga il fronte dei “contrari” e, nei giorni scorsi, l’editore Mario Guaraldi si è dimesso dall’Aie (Associazione editori italiani) in polemica con il presidente Marco Pollo e il suo appoggio a una legge che, per Guaraldi, è antiliberista e fuori dal mercato, tradizionale e soprattutto digitale. Ostile alla legge anche Rubbettino e Quodlibet, altra casa editrice di Macerata.
Sul sito dell’Istituto Bruno Leoni è stata pubblicata la lettera nella quale l’onorevole del Pd, Riccardo Levi, promotore e il primo firmatario della legge, difende la sua creatura affermando che il fine ultimo – anche se non sembrerebbe – è proprio quello di tutelare i lettori da un rialzo dei prezzi. E sì, perché, «fissando un tetto agli sconti, la legge pone fine alla permanente guerra sui prezzi il cui risultato non può che essere quello di una spinta al rialzo degli stessi prezzi, dato che, com’è evidente, al calare dei loro ricavi netti per effetto degli sconti sempre più alti, gli editori sono indotti a reagire con un aumento dei prezzi di partenza, cioè di copertina». La legge, inoltre, permetterà comunque agli editori di farsi aperta concorrenza sui prezzi agendo direttamente e trasparentemente sui prezzi di copertina, invece che sugli sconti, «strumento indiretto e per tanti versi ambiguo».
Per Alberto Mingardi, Direttore Generale dell’Istituto Bruno Leoni, invece, «l’esito della norma sarà quello di livellare le scelte di mercato» ma di inibire la libertà di ogni editore/libreria di fiutare il proprio mercato di riferimento e inventarsi strategie diverse a seconda del profilo dei suoi lettori/clienti. E «questa possibilità di differenziare la propria strategia commerciale» appare «tanto più importante quanto più il mercato è di nicchia, ovvero per gli editori e le librerie più specializzati e di settore». Inoltre, secondo Alberto Mingardi, «il mercato librario è, ovunque nel mondo, coinvolto in un processo evolutivo in rapidissima accelerazione». «Non sappiamo – continua Mingardi – dove condurrà questo processo. Proprio per questo, introdurre norme che limitano la libertà degli attori di mercato ci sembra, in questo momento, un rischio e non un potenziale beneficio per quel mercato librario che si vorrebbe tutelare».
Il 3 novembre 2010, il presidente dell’Autorità Antitrust, Antonio Catricalà, nel corso di un’audizione in Commissione Cultura al Senato affermò che: «In linea generale, l’Autorità non ritiene coerente con il buon funzionamento dei mercati leggi che limitino la libertà di prezzo delle imprese sul mercato. A maggior ragione appaiono contrastanti con la logica della concorrenza normative che limitino la possibilità di fare sconti. Al tempo stesso l’Autorità non ignora che il libro non è una merce come le altre. È essenzialmente un veicolo di diffusione della cultura e, per tale ragione, la sua funzione non può essere apprezzata sulla base di meri fattori quantitativi oggettivamente misurabili. La soddisfazione generale dei consumatori, che è il fine ultimo della disciplina della concorrenza in questo settore, non può identificarsi nei termini eccessivamente semplificatori della maggiore produzione». E forse è proprio la «soddisfazione generale dei consumatori» che avrà la peggio a partire dal 1° settembre, quando la legge entrerà in vigore.
Fabiana Cammarano

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