Nel mare magnum dell’editoria italiana qualcosa sta accadendo. Solo nell’ultimo anno il restringimento del mercato pubblicitario, i pesanti “tagli” al Fondo nazionale, l’applicazione delle nuove tecnologie in funzione di un puro contenimento dei costi del personale, ha determinando lo stato di crisi di importanti e apparentemente solidi giornali nazionali e locali provocando la chiusura, tanto nel campo della carta stampata quanto in quello radiotelevisivo, di numerose testate e imprese editoriali. L’occupazione di un numero crescente di giornalisti è minacciata, aumenta la cassa integrazione, mentre si allarga il fenomeno, già peraltro molto diffuso, del precariato e di forme di occupazione irregolare e poco retribuito. La gravità di questi motivi è tale che essi, sommati alle misure e agli intendimenti del Governo in materia previdenziale, stanno imponendo una impegnativa verifica e riconsiderazione degli istituti mutualistici della categoria, in funzione del loro mantenimento. In un contesto di mercato così desolante è difficile credere oggi che ci sia qualcuno disposto ad investire capitali e tempo nell’intraprendere nuove iniziative editoriali. Del resto, se è vero che molte testate chiudono o sospendono le proprie pubblicazioni, entrare nel mercato oggi potrebbe rappresentare quasi un suicidio. Eppure qualcosa nell’ultimo mese si muove. Telese è uscito con il suo nuovo prodotto “Pubblico”, Tremonti sta pensando di rilevare “il Riformista” e Storace si dice pronto a far ri-partire Il Giornale D’Italia. Ma allora, se c’è crisi, perché avventurarsi in questo tipo di iniziative imprenditoriali?
Qui i contributi all’editoria non c’entrano nulla. E molto plausibile che tutto ciò avvenga alla luce del rinnovato entusiasmo dei partiti e dei loro rappresentanti in funzione delle prossime elezioni. Se l’intenzione è quella di creare opinione allora tanto di cappello. L’Italia mai come in questo periodo ha bisogno di informazione plurale, ed iniziative come queste non possono fare che bene al nostro paese. Ma andiamo per ordine.
Pubblico, la creatura di Telese è uscito in edicola il 18 settembre. Della nascita del nuovo giornale si parlava già da metà giugno, quando Telese lasciò il Fatto Quotidiano, in polemica con il duo Padellaro-Travaglio in merito alla linea politica da dare al giornale nell’era post governo Berlusconi. L’investimento per far partire il quotidiano ammonta a 750mila euro, suddiviso tra Telese stesso, l’ex numero uno di Current Tv Italia, Tommaso Tessarolo, e l’avvocato Maurizio Feverati. Oggi Pubblico – come dichiarazioni del suo fondatore – “vuole mettere in discussione la sinistra degli affari e quella delle reliquie ideologiche. Il giornale racconterà la politica del cambiamento – tutta – ma non apparterrà a nessun politico. Questo giornale sarà pubblico contro l’egemonia delle privatizzazioni a spese nostre e dello statalismo a spese di tutti”.
Passiamo al Riformista. Le ultime voci di corridoio danno per certo che alcuni ex socialisti starebbero lavorando al rilancio del giornale; dopo aver chiuso i battenti nel marzo scorso tra il rammarico di molti e le domande di tanti (redazione compresa) sul come possa fallire un quotidiano, Il Riformista, che beneficiava dei fondi pubblici per l’editoria, nessuno avrebbe pensato di rivedere in edicola le arancioni pagine dirette, fino a marzo 2012, da Emanuele Macaluso, potessero, in così breve tempo, fare di nuovo bella mostra nelle edicole del Paese. E qui entra in gioco l’ex ministro Giulio Tremonti. Dopo aver abbandonato ufficialmente qualsiasi attività politica personale ed istituzionale, Tremonti si è ritirato in una sorta di silenzio politico dal cui potrebbe ben presto uscire, rompendo gli indugi e annunciando un suo ritorno sul palcoscenico della politica. La cordata socialista sia per la rifondazione de Il Riformista che per la lista Tremonti vedrebbe personaggi illustri come l’ex deputato socialista Claudio Signorile e l’ex Ministro delle Finanze e esponente di spicco del PSI, Rino Formica, considerato da molti il maestro di Tremonti. La lista Tremonti, che avrebbe dunque ne Il Riformista il veicolo di divulgazione politica, si presenterà in chiave socialista ma di rivendicazione della sovranità nazionale e contro chi “si illude di governare la crisi con parametri liberisti e monetaristi”.
Per quanto riguarda lo storico giornale fondato dai leader del partito monarchico liberale, Sidney Sonnino e Antonio Salandra, sotto il regime fascista e la direzione
di Virginio Gayda è ormai questione di pochi giorni. Il Giornale d’Italia, diretto da Francesco Storace, partirà con la versione web il 10 ottobre ma promette di ritagliarsi uno spazio importante nel panorama editoriale nazionale. Il direttore editoriale sarà Guido Paglia. Per quanto riguarda invece i contenuti editoriali, Storace spiega che “non sarà un giornale di partito, parte senza fondi pubblici, grazie alla società di cui è titolare Roberto Buonasorte. Non ci saranno grandi firme del giornalismo, ma ho già tantissime disponibilità da persone che, anche sotto pseudonimo, ne approfitteranno per lanciare qualche frecciatina. Sarà un giornale spumeggiante. Vorrei privilegiare moltissimo inchieste, articoli brevi, più che i soliti commenti verbosi”. Nel caso di Storace, il Giornale d’Italia potrebbe essere etichettato anche come un’operazione politica intesa come il primo passo verso il Campidoglio. Non è un segreto che il segretario della Destra punti alla poltrona da primo cittadino. E per farlo, il rilancio del Giornale d’Italia potrebbe essere un’arma in più.
Le parole di Ciampi di qualche anno fa risuonano attuali ancora oggi:” ho sempre considerato la carta stampata strumento essenziale per la libertà e la democrazia nel quadro del pluralismo dei mezzi informativi”. Caro De Benedetti, questa volta i finanziamenti pubblici non hanno nulla a che vedere con queste iniziative editoriali. Mi auguro che Lei non senta di nuovo la “puzza di cadavere”.