Editato da una cooperativa di giornalisti e poligrafici, Barisera è uscito la prima volta il 2 luglio 1996. Costava 500 lire ed ebbe subito uno straordinario successo; un successo che nel tempo si è perso per strada anche a causa della scelta di portare il prezzo di copertina a 1000 lire. Alle cinque del pomeriggio il quotidiano si vendeva ai semafori, nelle strade principali della città, ai negozianti. Al passaggio delle lire in euro il prezzo è rimasto pressoché invariato e le 1000 lire sono diventate 50 centesimi. Troppo poco, certamente, ma nessuno ha mai voluto cambiare perché l’esperienza aveva già insegnato che un nuovo aumento avrebbe portato inevitabilmente problemi.
La parola “fine” è stata scritta il 30 novembre del 2012, quando l’assemblea dei soci ha deciso di sospendere le pubblicazioni di fronte all’eventualità di non ricevere più il contributo sull’editoria ex lege 250/90 a causa di un bilancio ormai da “profondo rosso”, provato dalla crisi (e quindi soprattutto dal calo degli introiti pubblicitari) e con l’intento di non contrarre altri debiti con i fornitori.
In particolare, un problema abbastanza grave è risultato il “taglio” del contributo per l’anno 2011 relativo all’anno 2010; un contributo arrivato in grave ritardo rispetto ai tempi previsti (a cavallo tra febbraio e marzo 2012 invece che a dicembre 2011) e decurtato del 18% complessivo. Ovvero, circa 180.000,00 mila euro in meno.
Così la redazione è andata avanti solo sul web fino al 28 febbraio 2013, quando di fronte alla certezza che il contributo non sarebbe più arrivato, è stato deciso di chiudere i battenti. In quel momento erano rimasti in carica all’azienda otto articoli 1, due articoli 2 e due poligrafici. Altri colleghi avevano abbandonato nell’arco del durissimo 2012, vinti dai sacrifici a cui la redazione aveva scelto di sottoporsi pur di non mollare.
Da diversi anni, giornalisti e poligrafici stavano cercato di salvare il salvabile attuando una spending review feroce: contratti part time; riduzione del formato del giornale e della foliazione per risparmiare sulla carta e sulla stampa; chiusura delle edizioni non baresi (quelle di alcuni centri della provincia); era stato cambiato il modo di distribuire i giornali, che dalla tipografia venivano trasportati con delle biciclette invece che in furgone; era stato ridiscusso il contratto di affitto della testata con la società proprietaria del marchio ed era stato cambiato il contratto telefonico per contenere i costi; nella fase finale, contratti di solidarietà e cassa integrazione straordinaria.
E in ultimo, tutti i lavoratori avevano rinunciato ad un anno di stipendi (14 mensilità per i giornalisti e 13 per i poligrafici) relativi all’anno 2011, nell’intento di salvare l’azienda.
Sacrifici, detto col senno di poi, inutili quanto dolorosi.
Pino Ricco
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