Riforma dell'editoria, ottimismo della File
Stati Generali Editoria: prima la riforma dell’editoria, poi i tagli. Lo chiedono Alleanza Cooperative Comunicazione, File e Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici, che si associano alla proposta avanzata da FNSI, Ordine dei Giornalisti e USPI di attivare una moratoria immediata del taglio del fondo per il pluralismo, in attesa che il percorso di rivisitazione normativa avviato dal sottosegretario per l’editoria Vito Crimi giunga a compimento.
In una nota si legge la proposta delle sigle della stampa: “Apprezzabili nel dibattito anche le valutazioni dell’UPA, Unione Pubblicitari Associati, sulla necessità di garantire prodotti editoriali di qualità, in particolare di fronte ai numeri che le fake news producono sul web, e sul ruolo degli inserzionisti nella tutela del pluralismo. Pur giudicando positivamente alcune proposte provenute dalla discussione, non possiamo però che confermare le critiche sul metodo adottato dal sottosegretario Crimi per mettere mano a uno dei settori chiave per lo svolgimento della vita democratica”.
E quindi: “Ringraziamo il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per averlo ricordato e per avere rammentato al sottosegretario Crimi che in queste occasioni occorre il massimo coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti. Ci mettiamo a disposizione per quando sarà possibile, finalmente, esporre le nostre idee sul settore. A Crimi ricordiamo – puntualizzano le sigle firmatarie della nota – che i lavoratori delle nostre imprese non bivaccano, ma soffrono per la crisi del settore ormai da anni”.
Quindi l’appello: “Un settore, tra l’altro, che è stato interamente riformato da appena due anni e per cui si è deciso di cambiare in corsa le regole del gioco. La base della teoria dei giochi, ricordiamo, è che tutti i partecipanti siano razionali e logici. Ci permettiamo di dubitare di questo assunto, considerando che il prossimo interlocutore delle cooperative di giornalisti e degli editori puri sarà il ministero del Lavoro, per aprire una gravissima crisi occupazionale, ben più costosa della capienza del fondo per il pluralismo”.
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