L’annunciata fusione tra Espresso e Itedi, l’operazione ribattezzata “Stampubblica”, risponde più che altro a delle esigenze di razionalizzazione dei costi. La nuova realtà editoriale avrà una quota di mercato del 20%, risultando quindi leader assoluto del settore. L’accorpamento dei due poli editoriali comporta rilevanti sinergie in termini di stampa e di costi di distribuzione. E’ facile anche prevedere un forte ridimensionamento occupazionale sulla base dell’analisi di precedenti fusioni che hanno portato a piani di prepensionamenti. Ci sarà poco spazio anche per i giovani, sfruttati e succubi di interessi superiori. Come si è arrivati a questo? Nell’era Internet i ricavi derivanti dalla pubblicità scarseggiano. Le testate non hanno ancora capito come sfruttare pienamente il digitale e per questo motivo si trovano con l’acqua alla gola. L’incapacità di trovare nuovi modelli di business conduce alla necessità di ridurre i costi e, di conseguenza, a maxi-operazioni come “Stampubblica” o “Mondazzoli”. La domanda delle domande è: manterranno i due quotidiani l’autonomia editoriale? Vi è il rischio che il progetto editoriale-industriale possa portare ad un impoverimento dei contenuti e dello spazio dedicato alle realtà locali. Il fatto che sempre più testate siano in mano a pochi è dannoso per il pluralismo. Porta ad un appiattimento della qualità dell’informazione, ma anche ad un pericoloso conformismo di interessi. Le parti in campo sostengono che si tratti di un’aggregazione, ma in realtà assomiglia di più ad una concentrazione. Le autorità competenti, Antitrust e Agcom, dovrebbero prendere atto del problema con maggiore celerità. In particolare l’Autorità presieduta da Cardani ha recentemente richiesto alle società editrici informazioni in merito alle testate quotidiane, sia nazionali che locali, attive nel corso del 2015. La richiesta rientra nell’ambito delle attività istituzionali di vigilanza dell’Autorità, ma quest’ultima sarebbe già dovuta essere in possesso di tali dati. Sulla vicenda è calato un silenzio mediatico dopo il clamore dei primi giorni. Un silenzio non positivo, considerate tutte le ombre proiettate sul pluralismo dalla paventata fusione.