Oggi Zavoli inizierà i lavori: se non ci saranno intoppi giovedì dovrebbe essere il primo giorno proficuo per la formazione della nuova governance della Rai. Dopo le nomine del governo la situazione non si è affatto calmata, anzi. Se Monti ha scelto i suoi rappresentanti, «ora noi vogliamo i nostri. Se il Pd si astiene significa che sta implodendo silenziosamente», ha dichiarato Paolo Romani, deputato Pdl.
In effetti il Pd non è certamente granitico nelle sue intenzioni. Bersani deve fare i conti con varie “scissioni” interne. Per ora ha dichiarato che voterà solo per il presidente, Anna Maria Tarantola (foto) perché «senza il presidente si paralizzerebbe l’azienda». Per quanto riguarda il cda, Bersani ha ribadito che urge una riforma della legge Gasparri: «sulla Rai i partiti non devono nominare. Il meccanismo di governance non funziona».
Emergono malumori anche da altre fazioni. Per Vendola, leader di Sel, la scelta dei banchieri è un preludio alla privatizzazione. Di Pietro invita Zavoli a convocare la Tarantola per conoscerne «gli intendimenti e valutarne le competenze». Anche la Santanché mostra scetticismo per le scelte del premier: «avrei preferito Santoro che almeno la tv la sa fare». Più politicamente corretta la Fnsi: «serve discontinuità per un rilancio dell’azienda».
Dunque, vista l’insoddisfazione generale non sarebbe peregrino pensare che i nomi di Monti, sia il dg che il presidente, non superino le forche gaudine rispettivamente della Vigilanza (servono i due terzi della Commissione per insediare il presidente) e del futuro cda (il dg necessita della fiducia del Consiglio). Ma il governo mostra i muscoli: «se la Tarantola e Gubitosi non si insedieranno, i partiti si devono scordare una proroga del cda con due posti vacanti. In quel caso sarà commissariamento».
In effetti al Consiglio mancano due membri: Nino Rizzo Nervo e Giovanna Bianchi Clerici. Il primo è assente da gennaio, da quando si dimise in seguito alla conferma di Maccari al Tg1 e alla nomina di Casarin a direttore dei Tgr (tale accordo fu denominato «il patto notturno Pdl-Lega»). La Bianchi Clerici, esponente della Lega, pochi giorni fa è stata nominata, con non poca sorpresa, commissario dell’Autorità per la Privacy.
Dunque il governo, in caso di braccio di ferro, minaccia il commissariamento. Tuttavia tale eventualità è esplicitamente esclusa dal Codice Civile in quanto l’azienda ha concluso l’ultimo esercizio in attivo. Mentre per il commissariamento servono tre passivi di seguito. Il governo potrebbe agire con un decreto? Non si sa. Di certo la situazione è ancora complicata.
Intanto il Partito Pirata sostiene la nomina del loro leader, Marco Manuel Marsili, come componente del prossimo cda. La candidatura è stata presentata ufficialmente alla Vigilanza. Si tratterebbe del tredicesimo nome, l’unico noto, visto che i profili degli altri 12 non sono stati ancora pubblicati, nonostante le sollecitazioni di molti partiti e associazioni. Marsili ha 43 anni, è giornalista, scrittore e docente universitario, esperto di comunicazione nuove tecnologie. Ha 2 lauree: in Scienze della comunicazione a Milano e in Scienze politiche e delle relazioni internazionali. Non sarebbe uno sprovveduto. Il Partito Pirata invita a sostenere la candidatura di Marsili inviando una mail all’indirizzo vigilanzarai@senato.it, indicando nell’oggetto «Sostengo la candidatura indipendente di Marco Marsili per il cda Rai». Per Quintarelli, candidato per l’Agcom, il consenso della rete non è servito. Questa volta chissà.
E poi c’è anche chi scherza. Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra, su Twitter, scrive i 7 nomi proposti da Monti per il cda: «Befera, Visco, Merkel, Amato, Grilli, Draghi, Dracula».