Perché i colossi del web devono farla franca e non pagare le tasse? La Francia non ci sta. E parte al contrattacco ipotizzando un regime fiscale in grado di regolamentare le piattaforme digitali così da assicurare nuovi introiti al mercato unico europeo, tassando i colossi americani della rete come Facebook e Google, e spartendo i ricavi ai ventotto stati membri.
Parigi, secondo quanto riportato dal Financial Times, starebbe, tentando di portare dalla sua parte i paesi dell’Unione attorno a questa proposta di regolamentazione delle società internet e digitali. Proposta, va detto, che punterebbe ad imporre una tassazione sugli utili realizzati nel Vecchio Continente da quelle stesse società. Lo scrive, come dicevamo, il principale giornale economico-finanziario del Regno Unito, citando i documenti elaborati dalla ministra francese per l’Economia digitale, Fleur Pellerin, che del resto non ha mai fatto mistero circa i suoi propositi sull’argomento.
Non a caso, la prossima settimana l’esponente di governo ha organizzato un vertice con i suoi omologhi di Gran Bretagna, Germania, Spagna, Polonia e di altri paesi dell’Unione proprio allo scopo di portare una proposta “nero su bianco” al Consiglio dei capi di Stato e di governo della Ue, in programma a fine ottobre.
L’idea è quella di legare la tassazione al luogo in cui vengono effettivamente realizzati gli utili, e secondo il quotidiano economico, la Pellerin punterebbe anche a rivedere il sistema dell’Iva su questo segmento. Inoltre, sempre così come riferito dal foglio britannico, il “dossier” messo a punto dalla Francia punterebbe anche ad inasprire le norme in materia di tutela della privacy, alla luce delle recenti rilevazioni sul caso “Snowden” e il programma di sorveglianza Prism utilizzato dall’intelligence Usa per intercettare mail e dati personali di milioni di utenti americani ed europei.
Da anni, specialmente in Europa, si polemizza per le complesse architetture fiscali che molti giganti del web – da Amazon a Google, a Facebook o e-Bay – hanno messo in piedi per minimizzare le tasse che pagano rispetto ai fatturati plurimiliardari che pure riescono a realizzare. Meccanismi spesso basati sull’impianto di una sede fiscale di comodo in giurisdizioni che offrono regimi di vantaggio, come il Lussemburgo o l’Irlanda.
Ma con la crisi globale, la recessione, i cali di gettito fiscale di questi anni e la pressante necessità di risanare i conti in molti paesi, queste polemiche si sono esacerbate, e non solo in Francia, anche in Stati che si declamano “business friendly” come la Gran Bretagna. Il premier David Cameron ha fatto un cavallo di battaglia il principio di fare pagare le tasse ai giganti del web.
Secondo la ministra francese le società interessate non sono certo entusiaste della prospettiva di vedersi imporre più tasse: “quando si parla di Google o Facebook o di altre aziende – ha commentato interpellata dal Financial – bisogna comprendere che non saranno felici di pagare più tasse, ma devono accettare di giocare secondo le regole. Ciò che li preoccupa, in questo caso, è l’incertezza”.
L’obiettivo francese è infatti “riunire i maggiori paesi europei per creare una parità di condizioni nell’economia digitale. “Ciò – si legge nel rapporto di Parigi – consentirebbe alla tecnologia europea e ai gruppi di telecomunicazioni di diventare un giocatore importante nella competizione internazionale”.
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