I giornalisti hanno deciso di sospendere lo sciopero previsto per lunedì prossimo indetto per protestare contro il testo del disegno di legge sulla diffamazione in corso di discussione al Senato, testo in cui è stato reintrodotto il carcere per i cronisti. Lo sciopero dei giornalisti previsto per lunedì «può essere differito e nella giornata di sabato saranno considerate e comunicate le modalità esecutive di tutte le iniziative di protesta in campo sempre a partire da lunedì prossimo per un allarme democratico alto» si legge in una nota della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi). «Rispettosi della vita istituzionale del Paese, per gli stessi principi di adesione al dettato della Costituzione messi a rischio da proposte di legge devastanti, che ci costringono alla più forte protesta perchè aggrediscono il diritto dei cittadini alla verità dei fatti di interesse pubblico e all’autonomia dell’informazione, accogliamo l’appello alla riflessione che arriva dalla seconda carica dello Stato. È un appello – prosegue la nota – che, parimenti, va rivolto ai proponenti delle norme legislative in discussione in Senato. La riflessione sarà speculare a quella che avanzerà nel corso del processo legislativo».
SCHIFANI – La decisione arriva al termine di una giornata in cui fanno sentire la loro voce contraria a tempi e modalità della protesta il presidente del Senato Renato Schifani e il presidente della Fieg Giulio Anselmi, anche se per motivi molto diversi. Schifani chiede di rinviare, «nel pieno e totale rispetto dell’autonomia di scelta sulla protesta deliberata dal sindacato della stampa», auspicando che si attenda prima l’esito del voto finale dell’Aula di Palazzo Madama sul ddl, che ci sarà proprio lunedì.
FNSI – Diversa la riflessione della Fieg (l’associazione degli editori) che per bocca del presidente Anselmi dichiarava: «Le ragioni della protesta dei giornalisti contro una pessima legge sulla diffamazione sono comprese e condivise. Ma la Fieg ritiene improprie le modalità della protesta con uno sciopero che rende ancora più difficile la situazione dell’informazione».
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