Tre amministratori delegati, due cfo, due direttori del quotidiano e delle altre testate del gruppo, due capi del personale. Il tutto in soli due anni. Le dimissioni di Giorgio Fossa, presidente del gruppo Sole 24 Ore, annunciate venerdì sera, rappresentano solo l’ultimo episodio di un modo di gestire la società che ormai si stenta anche solo a qualificare. Arrivano, oltretutto, a pochi giorni dalle dimissioni dell’amministratore delegato, nella persistente assenza di un nuovo cfo, in una società che pochi mesi fa era sull’orlo del fallimento, che è stata ricapitalizzata in maniera gracile e insoddisfacente, tanto da rendere necessaria la cessione di uno dei gioielli di famiglia, l’area formazione, per dare più sostanza all’operazione di rafforzamento patrimoniale.
Le dimissioni di Fossa arrivano contro la sua volontà, “mio malgrado”, in un momento in cui la crisi del Sole 24 Ore è ben lontana dall’essere risolta (i ricavi scendono, il margine è stato ottenuto grazie a tagli massicci dei costi, la situazione finanziaria sta peggiorando). E tuttavia l’azionista di riferimento ritiene di non dovere dare alcuna spiegazione per una situazione che rende del tutto acefalo il gruppo. Non ritiene di doverne dare ai dipendenti e neppure agli azionisti e agli stakeholders. Si continua a pensare di poter gestire una società quotata secondo logiche che risultano del tutto imperscrutabili se non incomprensibili. In spregio a qualsiasi trasparenza e chiarezza, cosa tanto più grave se si tiene presente che il Sole 24 Ore rappresenta l’unico asset gestito direttamente dall’associazione degli industriali italiani. Chiediamo, è normale tutto ciò per una società quotata in Borsa? Dopo la nostra reiterata richiesta dell’azione di responsabilità nei confronti di chi ha portato il nostro gruppo sull’orlo del baratro, siamo qui ancora a chiedere che non si interrompa l’azione di rilancio del nostro nuovo giornale. Sarebbe scellerato e contrario a ogni logica; a meno che siano altre, quasi astrali, le logiche che governano e condizionano il nostro futuro. Viene a questo punto da chiedere: chi gioca con i destini del Sole 24 Ore? Chi firmerà la nostra semestrale di società quotata? Da settimane ormai si rincorrono le indiscrezioni sull’arrivo di un nuovo ad e della sostituzione dell’attuale direttore e questo a pochi giorni dal debutto del nostro nuovo giornale. Come non considerare il rischio di pesanti ricadute sul prodotto derivanti dalla decapitazione dei vertici dell’azienda? Tutto questo ha dell’incredibile, tanto più per un brand come il nostro che ha nel suo dna, e così dovrebbe essere anche per la sua classe dirigente, i principi della sana gestione. Principi che da noi sembrano scontrarsi con le leggi di gravità, visto che su di noi pende ancora, e non sappiamo neppure ancora per quanto, un’inchiesta della Procura di Milano e della Consob su quanto avvenuto in passato.
La continuità aziendale non è solo un elemento giuridico, in assenza del quale ci sono solo i libri in tribunale, ma deve rappresentare anche una bussola per la buona gestione. Il “tritacarne” in auge da parecchio tempo al quarto piano di via Monterosa 91, invece, agevola gli alibi e favorisce l’impossibilità di strategie aziendali non solo per il futuro ma anche per lo stesso presente.
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