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SKY RINUNCIA, COSA RESTA DEL BEAUTY CONTEST

Un altro smacco alla concorrenza. Sky abbandona l’asta non competitiva per le frequenze per la tv digitale. La motivazione: tempi incerti per una corretta pianificazione e regole discutibili in quanto favorirebbero il duopolio Rai – Mediaset, già presente sul mercato.
Il Pd e l’intero terzo polo cavalcano il ritiro per convincere il governo a cambiare le regole dell’asta, rendendola competitiva. «É grave che si tiri fuori dalla gara per l’assegnazione delle frequenze il principale concorrente di Rai e Mediaset. Quello di oggi non è certamente un messaggio positivo per la trasparenza e la concorrenza nel settore televisivo. Continuiamo a sostenere che sarebbe stato molto meglio indire una regolare asta, che avrebbe peraltro portato nuove risorse nelle casse dello Stato, così come e’ avvenuto per quella relativa alle frequenze delle Tlc» afferma Roberto Rao, capogruppo Udc in Vigilanza».
Sky, che ha già presentato ricorso, ha sottolineato le norme della gara che andrebbero contro l’invito dell’Ue di aprire il mercato e favorire la concorrenza e il pluralismo della tv, ambizioni che risultano ulteriormente mortificati dall’esclusione, per vizi formali, di Tivutalia e Dbox.
Tuttavia c’è chi pensa che dietro al ritiro di Sky ci sarebbe una strategia più complessa, l’emittente di Murdoch non avrebbe alcuna intenzione di ritirarsi dal mercato italiano, ma costringere il governo ad una vendita al maggior offerente. Ettore Livini su La Repubblica scrive che se Sky avesse partecipato all’asta avrebbe ottenuto le frequenze meno pregiate. Dunque il suo ritiro sarebbe «un sasso nello stagno per sparigliare le carte» e indurre il governo Monti a trasformare il beauty contest in un’asta competitiva. In questo modo la maggiore disponibilità economica di Sky permetterebbe alla tv di Murdoch di entrare prepotentemente nel mercato italiano.
Se non dovesse cambiare nulla il beauty contest si svolgerebbe così: Rai, Mediaset e Ti Media (che è anche i corsa solitaria per il canale di nuova generazione DVB-T2) in gara per i due multiplex destinati a chi già opera sul mercato; 3 Italia, Canale Italia, Prima Tv e Europa 7 in lizza per i tre blocchi destinati ai nuovi entranti. Cambierebbe poco o nulla nel panorama televisivo italiano. Dunque l’Ue potrebbe intervenire rispolverando la procedura d’infrazione contro l’Italia (una “spada di Damocle” che pende dal 2006) per l’anomalia del duopolio e la presunta non aderenza alle regole comunitarie della Legge Gasparri.
Il governo Monti ha il potere di cambiare le regole, tuttavia la proposta di un’asta competitiva rischia di acuire le tensioni con il Pdl che gradirebbe davvero poco un competitor attrezzato come Murdoch.
Egidio Negri

editoriatv

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