Si moltiplicano le proteste delle emittenti televisive locali contro l’immobilismo delle istituzioni sorde alle grida di forte preoccupazione e di denuncia che in questi ultimi anni sono state lanciate dalle associazioni di categoria. Il digitale terrestre avrebbe potuto fornire nuova linfa al settore ma le istituzioni avrebbero dovuto prevedere per tempo le criticità tecniche, al fine di garantire tutti i soggetti interessati. Il tempo per prepararsi c’era ma non è stato sfruttato.
Le regole sull’LCN, tanto per iniziare, sono arrivate solo nel 2010 con una buona parte dell’Italia già migrata al digitale. Il risultato è stato disastroso, soprattutto per le tv locali che sono scomparse dalle loro numerazioni storiche (dall’8 in poi) per finire ricollocate, senza logica, in posizioni inaccessibili del telecomando. Gli ascolti sono crollati e con essi la raccolta pubblicitaria il cui calo, nelle aree digitalizzate e senza LCN, è stato di gran lunga superiore a quello causato dalla crisi economica che ha interessato tutti i mezzi di comunicazione.
Già nel 2006, la Conferenza di Ginevra aveva stabilito di destinare la banda 800 MHz (canali 61-69) ai servizi di comunicazione in banda larga anche qui c’era il tempo per pianificare equamente la distribuzione delle risorse ma le istituzioni hanno scelto di vivere alla giornata mettendo una pezza qua e là. E’ vero che alle tv locali sono state assegnate, come prevede la legge, un terzo del monte frequenze pianificabili. Ma è altrettanto vero che alle stesse sono andate tutte le frequenze non coordinate con gli stati esteri, nonché tutte quelle della banda 800 MHz costringendole ad effettuare ingenti investimenti per la conversione degli impianti dall’analogico al digitale su frequenze che si sapeva destinate ad altro uso.
Con la legge di stabilità del 2010 il Governo ha infatti deciso di espropriare i canali 61-69 per “venderle” alle compagnie telefoniche per l’offerta dei servizi in banda larga. Il corrispettivo dell’esproprio, come è risaputo, consiste in un indennizzo alle tv locali pari al 10% del ricavato della vendita delle frequenze con un massimo di 240 milioni di euro, importo ritenuto non è sufficiente per rientrare degli investimenti fatti dalle emittenti per la digitalizzazione degli impianti.
Quasi certamente il ministero provvederà alla pubblicazione del bando di gara per la cessione alle compagnie telefoniche delle frequenze della banda 790-862 MHz (canali 61-69) entro il prossimo mese di agosto. La gara si vuole dunque fare con le frequenze occupate dalle emittenti televisive locali che dovranno liberarle, come prevede la legge, sotto la pressione delle compagnie telefoniche acquirenti. Le associazioni di categoria vorrebbero trovare prima un accordo con il ministero, sulla base di indennizzi concreti e definiti nell’importo, per poi successivamente procedere alla gara di assegnazione delle frequenze così liberate. Sembra però che tale procedura logica e di buon senso non si voglia proprio percorrere. (Frt)
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