Una recente novità tecnologica è destinata a mettere in difficoltà l’Autorità giudiziaria.
E’ stata, infatti, messa in commercio un’applicazione che un’applicazione per il cellulare che consente di criptare le conversazioni, gli SMS, le mail e i video, per sottrarsi a qualunque tipo di intercettazione.
Si tratta di Silent Circle, un’applicazione per cellulari, sviluppata da Phil Zimmermann, esperto di crittografia, già inventore di Pretty Good Privacy, sistema di crittografia delle mail.
L’applicazione è attualmente scaricabile sul market di Apple e sarà presto disponibile anche per Android.
Già ora, scaricando l’applicazione e pagando 20 dollari al mese è possibile proteggere tutti i dati in uscita dal telefono.
I dati trasmessi alla rete, tramite una telefonata, un sms, una mail o un video, vengono infatti criptati prima ancora di uscire dal telefono.
All’inizio di ogni chiamata, ciascun telefono genera una nuova chiave unica che viene poi cancellata immediatamente al fine di ogni conversazione.
Il sistema sfrutta una rete costruita appositamente, i cui server sono situati in Canada..
E’ anche possibile impostare l’autodistruzione dei dati dal dispositivo dopo un certo periodo di tempo, stabilito dall’utente.
Se questa invenzione rappresenta un sogno per quanti vogliono a tutti i costi tutelare la propria privacy, non si può non considerare come essa ponga seri problemi all’Autorità Giudiziaria che intenda avvalersi, nelle proprie indagini, del prezioso strumento delle intercettazioni.
E’ risaputa la rilevanza che, negli ultimi anni, questo strumento ha avuto nella lotta a determinati reati.
E da tempo si assiste al dibattito della compatibilità delle intercettazioni con il rispetto della privacy.
Ma la disciplina delle intercettazioni è veramente così arbitraria o, invece, il legislatore ha previsto delle tutele per il singolo?
Il diritto alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione è un diritto inviolabile, tutelato dall’art. 15 della Costituzione.
La stessa disposizione prevede che la limitazione di tale diritto può avvenire soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.
Perché sia consentita un’ingerenza nella sfera privata altrui sono, dunque, necessarie, innanzitutto due condizioni: un atto motivato dell’Autorità Giudiziaria e il rispetto delle garanzie previste dalla legge.
Il diritto al rispetto della propria corrispondenza è riconosciuto anche a livello europeo: l’art. 8 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali prevede, infatti, che “ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza non sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute e della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
La problematica è, dunque, quella del bilanciamento dell’interesse privato con l’interesse pubblico.
Se da un lato, infatti, è espressamente riconosciuto al privato il diritto alla segretezza, questo deve fare i conti con quelle che sono le sempre più pressanti esigenze della giustizia, che rispondono invece all’interesse pubblico.
In tale contesto, le intercettazioni costituiscono uno strumento prezioso di ricerca della prova nelle indagini in ambito penale.
La loro caratteristica l’essere un atto a sorpresa, un’invasione nella sfera privata altrui per esigenze di giustizia.
Sono infatti svolte all’insaputa dell’interessato.
Ma è così facile disporre le intercettazioni?
In realtà il codice di procedura penale prevede parecchi limiti.
Innanzitutto, non possono essere disposte per tutti i reati.
E’ possibile utilizzare tale mezzo di ricerca della prova solo in relazione a determinati reati, caratterizzati da una certa gravità e rilevanza collettiva, quali ad esempio delitti in materia di pornografia minorile o delitti concernenti sostanze stupefacenti.
Al di fuori di tali casi, specificamente previsti dall’art. 266 del codice penale, le intercettazioni non possono essere utilizzate.
Il codice prevede, inoltre, che il Pubblico Ministero non possa disporre autonomamente tale strumento.
E’ necessaria un’apposita autorizzazione da parte del G.I.P., che solo qualora accerti l’esistenza di gravi indizi di reato e verifichi che l’intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione della indagini l’autorizzazione a disporre le operazioni di intercettazione, dispone, con un decreto che deve essere motivato, le operazioni.
Anche nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che, nel tempo necessario ad ottenere l’autorizzazione del G.I.P., le indagini possano essere gravemente pregiudicate, è vero che il PM può disporre l’intercettazione, ma il provvedimento che le dispone deve essere comunicato entro le 24 ore al G.I.P., il quale deve procedere alla convalida.
E se il provvedimento del PM non venga convalidato, l’intercettazione non può essere proseguita e i risultati della stessa non possono essere utilizzati.
E’ necessario, inoltre, che il provvedimento che dispone le intercettazioni determini in maniera puntuale le modalità e, soprattutto, la durata delle operazioni, che non può superare i quindici giorni, anche se tale termine può essere prorogato.
Come visto, il delicato strumento delle intercettazioni è ampiamente disciplinato dal legislatore, attento al rispetto dei diritti costituzionalmente tutelati.
Non è, quindi, così facile “spiare” la vita altrui.
E si ricordi che, anche nei casi in cui ciò è concesso, lo è per indagare su reati rilevanti per la collettività.
Si deve quindi accogliere realmente con entusiasmo un’applicazione per il cellulare che impedisce l’utilizzo di questo strumento di indagine?
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