Franco Siddi, il Segretario Generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, torna sulle questione della multa di cinque milioni di euro inflitta dal Tribunale di Torino al giornalista Corrado Formigli (foto) per aver “denigrato” l’ultimo modello dell’Alfa MiTo. Lo fa in occasione della conferenza stampa annuale della Corte Costituzionale affermando: «La Costituzione è il punto di tenuta della convivenza democratica, la Corte Costituzionale l’organo di garanzia delle libertà e dei diritti dei cittadini. Se necessario, dovrà essere ancora una volta proprio la suprema Corte, se non basteranno altri due gradi di giudizio e magari la Corte di Strasburgo, a doversi pronunciare su una libertà d’informazione e di critica, se non impoverita, messa in soggezione da alcune recenti sentenze del giudice ordinario».
«L’ultima in ordine di tempo, la condanna del giornalista Corrado Formigli continua a suscitare grave preoccupazione non solo per l’enormità della sanzione a carico del collega ma soprattutto per gli effetti che può provocare nel mondo della professione e dell’editoria, anche in termini di autocensura preventiva». «Per fortuna, nel nostro ordinamento ci sono tre gradi di giudizio». «Siamo certi che la sentenza di Torino e soprattutto il suo carico economico sanzionatorio sul caso Formigli/Rai/Fiat non potrà che essere rivista e difficilmente potrebbe passare il vaglio di eventuali ricorsi alla Corte di Strasburgo o alla Corte Costituzionale, la cui dottrina è limpida in ordine alla libertà, alla completezza dell’informazione e all’esercizio del diritto di critica».
«La questione è delicata e riporta in primo piano il tema della legislazione sulla diffamazione mai risolto nel nostro Paese, nonostante tanti buoni propositi. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana, oltre che per la promozione e la tutela dei diritti del lavoro giornalistico, nacque proprio sull’onda del contrasto al codice Zanardelli che introduceva il reato e le pene per la diffamazione a mezzo stampa. Tante vicende storiche (dalla guerra di Libia, alla prima guerra mondiale, al fascismo) hanno impedito di risolvere positivamente la questione. Negli anni della Repubblica il tema è stato lasciato alla saggezza dei custodi della legge. Ogni tentativo di rendere più chiara e larga la libertà e nitida l’area delle responsabilità con nuove disposizioni legislative si è puntualmente arenato; salvo l’aggravante della causa per responsabilità civile, anche disgiunta dalla responsabilità penale». «La fiducia nel Supremo organo di garanzia dei principi intangibili della Costituzione, che il presidente Quaranta oggi giustamente definisce ‘la Corte dei diritti non dei conflitti, garante della legalità costituzionale’, è intatta ma non c’è dubbio che ci sia bisogno anche di leggi che siano pure esse motivo di fiducia».