Pubblichiamo sul nostro sito una sentenza della Cassazione Civile risalente al 01/07/2014. Tema del provvedimento è la violazione della privacy in televisione. La controversia coinvolge Sky Italia e i sigg. K.B. e M.M., che hanno richiesto la cancellazione dei loro dati personali, che si asserivano illecitamente trattati a seguito della realizzazione di un servizio giornalistico da parte di due collaboratori dell’emittente. I due interessati hanno adito l’Autorità Garante della Privacy chiedendo di accertare e dichiarare la responsabilità di Sky Italia s.r.l. al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, in ragione della divulgazione delle immagini e delle dichiarazioni da essi rese nel servizio. Il Garante della Privacy ha accertato che le modalità di trattamento dei dati personali dei resistenti hanno violato i principi del codice in materia di protezione dei dati personali e pertanto ha disposto il divieto dell’ulteriore diffusione del servizio giornalistico e la sua cancellazione dai siti internet in cui era stato pubblicato. I ricorrenti hanno richiesto l’intervento dell’autorità giudiziaria ordinaria, chiedendo al Tribunale di Roma la condanna di Sky Italia al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, questi ultimi sotto il profilo del danno morale soggettivo ed esistenziale. Il Tribunale di Roma, pronunciandosi secondo le regole del rito del lavoro richiamate dal D.Lgs. n. 196 del 2003, ex art. 52 ha accolto parzialmente la domanda dei ricorrenti condannando Sky Italia al risarcimento del solo danno non patrimoniale. Sky è ricorsa alla Cassazione, tornando ad eccepire l’inammissibilità dell’azione introdotta ai sensi dell’art. 152 del codice sulla privacy perchè trattasi, nel caso di specie, di ipotesi non rientrante tra quelle che prevedono legislativamente il ricorso al rito speciale. L’art. 152 cod. sulla privacy stabilisce che “tutte le controversie che riguardano, comunque, l’applicazione delle disposizioni del presente codice, comprese quelle inerenti ai provvedimenti del Garante in materia di protezione dei dati personali o alla loro mancata adozione, nonchè le controversie previste dalla L. 1 aprile 1981, n. 121, art. 10, comma 5, e successive modificazioni, sono attribuite all’autorità giudiziaria ordinaria”. Il tribunale ha interpretato correttamente questa disposizione nella misura in cui vi ha riconnesso la legittimità del ricorso alla tutela giurisdizionale, poichè si osserva che la causa petendi della domanda risarcitoria avanzata si identifica con l’art. 15 del cit. codice, rubricato “Danni cagionati per effetto del trattamento”, che prevede l’obbligazione risarcitoria a carico di chi cagiona un danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali, richiamando, inoltre, l’art. 2050 cod. civ. Una domanda risarcitoria proposta ex art. 15 del codice rientra nell’ipotesi delle “controversie che riguardano, comunque, l’applicazione delle disposizioni del presente codice”, non limitandosi il disposto dell’art. 152, come dedotto dall’odierna ricorrente, a consentire la tutela giurisdizionale per i soli profili attinenti ai vizi o alla verifica dell’ottemperanza al provvedimento emesso dal Garante. Perciò il motivo è infondato. Link alla sentenza:
http://circolari.editoria.tv/?p=24820